Mi trovavo presso lo spazio-tempo del sé quando l’immoto si accasciò in me, deflagrando quanto attorno m’accadeva nel mio animo e lasciando della mia coscienza un remoto controllo di un sillabare contratto tra cervello e cervelletto. Fui replicato nella memoria e ciò che mi accadde ancora non è materia né frutto del mio possesso. Chiamato a innervarmi nella nuvolaglia niente avvolse lo sdoppiamento dei secoli, poiché ero io il declinare, l’avvicendarsi e il popolarsi d’essi. Lapislazzuli delle menti, trasceso nella recondita essenza della trasmissione del Verbo ed evoluto nella sua Trasfigurazione, ebbi da non emettere alcun suono mentre discorrevo con me stesso, l’altro e il medesimo di essi. Con lo spirito intarsiato dal bisturi celeste lavai con lacrime candide le vesti e lasciai di lì a poco una visione per i prossimi antenati, doppiati fino alla deframmentazione dell’attimo attuale da centinaia di creature preposte all’ascolto del mistero. In me, accovacciata, risiedeva l’acqua sottomessa del Mar Rosso, l’acqua dei cieli sul Carmelo e l’acqua delle sponde asciutte del Giordano. L’improvviso colse il provvido impreparato e il divenire divenne mutevolezza che non muta sostenendo ciò che tutto sostiene in fervide e appassionate pulsioni vitali di pulsazioni mai terminate nell’ingresso del vasto sono anticipato dai noi.
(25/05/2020)