Il trentunesimo giorno del primo di dodici mesi, al venticinquesimo anno della duemillesima età, quando era circa l’ora del mezzogiorno, ed un cielo verticale nel cupo cielo non lasciava che dentro me dimorasse né ombra né penombra, il Signore Dio mi ha parlato in questi termini:
Va, figlio dell’uomo, e riferisci la mia parola a coloro che devono intenderla: ne hanno piena facoltà.
Tu dirai loro:
Per la sua gloriosa volontà, così parla il Signore.
Quanto più stolto l’uomo tanto più la sua discendenza. Eppure, questa, è una generazione ancora più perversa. Non cerca segni, non ascolta la parola che gli è data. Anzi, fa esattamente l’opposto: si dimostra contraria e, per tanta indegna condotta, va infamando chi vorrebbe seguire la strada correttamente. È una genia cieca, malvagia, che si rallegra di se stessa approvando ogni suo crimine, e si vanta di essere identificata come il prodotto più superbo mai sorto da questa terra, neanche fosse incantata dalla meretrice ingannevole che sconvolge da sempre il mondo. Ecco. Dalla tutta figlia della maliarda è accaduto ciò che era stato predetto in passato: davvero questa che si compiace di sé e dei suoi delitti, delle sue rapine, delle sue menzogne, delle sue impurità, del suo ipocrita e vile delinquere, delle sue idolatrie, veramente è una razza bastarda. Essa va scarabocchiando, giorno dopo giorno, la sua storia peggiore, come una grigia scala i cui gradini scendono solo in basso senza trovare mai un fondo, andando fiera delle sue brutture e omaggiando, elevando, remunerando, idolatrando e onorando chi le compie, sottomettendosi a questi, i quali, con potenza e denaro, orrore e follia, vanno inchiodando la società sull’albero secco di una involuzione irreversibile e irriverente. Popoli interi, sottomessi non alle proprie nazioni ma a servizi collaterali di poteri forti, molto nascosti alle masse umane inermi, inconsapevoli, di cosiddetti stati trasversali, giammai costituiti da alcuna alleanza pubblica formata da una scrittura giuridica-politico-legislativa avvalorata dal consenso degli uomini, che formano i popoli delle nazioni, e dei loro stati, per l’appunto. Potremmo definire la storia moderna come il frutto maturo dei più sconvolgenti brogli che vanno succedendosi tra paesi e paesi. E uomini, donne, bambini, vanno scomparendo, perdono il diritto alla vita. E la società morente acclama, acclama il suo germe ribelle, malvagio, acclarandone, spudoratamente, il seme e la radice.
Ma ecco. Così parla Dio, mio Signore.
Chi si vanta,
chi si inorgoglisce e chi si insuperbisce,
dinanzi a questa storia?
Costoro presto saranno come tizzoni,
tizzoni usciti fuori dal fuoco
che al momento non è nemmeno brace.
Io lascerò che la malvagità
continui ad essere sempre più un idolo,
sempre più malvagia in se stessa, dunque.
Sì. Essa si eleverà,
andrà ancora più su di dove oggi è collocata.
Farò del mio popolo un gregge da macello.
Esso sarà sperduto,
ancor più di quanto non lo sia già oggi.
I suoi capi, i suoi pastori,
saranno percossi di notte in notte.
Perché meritano e meritano;
la prima e la seconda morte.
La malvagità cesserà, in quel tempo,
di elevarsi,
perché io le invierò contro la mia parola.
Questa sarà come un libro,
un libro scritto al di fuori e al di dentro,
rotolo per chi è al di qui e al di là,
rilegato col sangue di chi lo ha raccolto,
di chi lo ha seminato,
e di chi lo ha conservato.
La malvagità sarà costretta
a ingoiare il libro fuori e dentro,
al di qui e al di là,
mordendolo nei suoi quattro lati.
Quattro come sono i punti cardinali,
quattro come sono le facce della terra,
quattro come quattro sono i venti
che sto per addurre su di essa,
sui suoi aguzzini, affinché,
a disperso gregge,
la mia collera avanzi,
avanzi come cavaliere
in groppa ad un cavallo adesso bianco,
ora rosso, poi marrone e infine nero.
Io darò a questa genìa malvagia e ribelle,
ipocrita e perversa,
adulatrice della maliarda più grande
e adepta,
e figlia del principe di questo mondo,
quattro tempi e quattro tipi di mali,
affinché sia fatta giustizia
tra cielo e cielo di cieli,
e su tutta la superficie della terra.
Infatti dal cielo manderò i miei angeli
a misurare ciò che resta
del devastato e del desolato,
in ordine agli abomini e alle ambasciate.
Molti lo vedranno con i loro cuori.
Una corda. Ci sarà una fune
che scenderà delle scale,
fino in fondo,
per misurare la terra.
Essa si prenderà cura
del gregge disperso.
Io sono il suo pastore, il suo pastore geloso.
Eppure questo gregge sarà diviso.
Esso sarà diviso in dodici greggi
e non tutti resteranno nel mio ovile.
Perché sto per suscitare al tempo,
e cioè proprio adesso,
il bastone della fedeltà e la spada dell’innocenza.
Saranno questi a dividere il gregge.
Poi sarà il tempo della grande meretrice.
Il devastatore che le sarà inviato
non avrà pietà alcuna
a causa della sua superbia e del suo orgoglio,
e la malvagità le cadrà dal cielo, contro.
Tanto si era elevata in alto, la malvagità,
così schiaccerà se stessa
e il luogo dove le sue impurità e le sue brutture
andranno a schiantarsi.
In quel giorno si canterà senza cantare
e si berrà senza bere.
L’inquieto dimorerà con lo smarrimento
nelle valli della speranza e della conoscenza.
Cesseranno le voci altère
così come scomparirà la sete ebbra.
Non si costruiranno più né baluardi né frontiere,
tantomeno barricate e trincee.
I confini non saranno più ricordati
perché non ci saranno più
popoli schiavi di altri popoli.
Non vi saranno nemmeno più territori.
Infatti la mia casa, la mia casa,
io la lascerò, per un tempo di quattro, vuota.
Ecco.
Coloro i quali devono intendere la mia parola
ne hanno piena facoltà,
dice il Signore.
Beati coloro sui quali poserò il mio volto.
Beati coloro sui quali farò germogliare ogni gioia e pace.
Beati coloro sui quali brillerà la mia luce.
Perché è su costoro
che io spanderò la mia ultima benedizione.
Ed è per costoro se la terra è giunta salda,
fino ad oggi,
sulle sue quattro fondamenta.
Domani, ciononostante,
domani si diranno beati i seni sterili
e tutti quei grembi che non hanno partorito.
Molti chiederanno ai monti di coprirli,
ma i monti non li ascolteranno.
Allora si rivolgeranno ai colli.
Ma i colli cadranno
e si riverseranno sulle città.
E le città diverranno storie di rovine.
A mucchi.
Alcuni vedranno sorgere un Albero verde
e saranno consolati,
sotto le sue grosse fronde,
nel suo folto fogliame,
tra i suoi lunghi rami.
Mai piantato, lo si mirerà lì,
dove avrà luogo il nuovo.
Vi abiterà un resto tra i popoli,
la porzione che mi sono scelto,
e si chiamerà città di giustizia e di pace.
Chiunque è scritto nel libro della vita,
in quel tempo,
sarà saziato dalla stessa vita
e sarà un bacio nel mio bacio,
poiché il suo nome sarà nel mio.
Io unirò a me tutti i miei figli, i dispersi.
Avverrà che non si dirà più:
il pascolo è tornato al suo padrone.
Quanto è vero che io vivo, dice il Signore Dio,
mi lascerò trovare
da quanti mi hanno cercato
e chiamato col mio vero nome.
Sì. Perché sono un padre per loro.
In quel tempo si compirà, ultima,
la scrittura,
e ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Oracolo di Dio, mio Signore.
(31/01/2025)