Che tragedia. Il mondo!
Noi respiriamo
nelle piazze dei nostri silenzi,
tra gli stretti vicoli dei nostri dolori
e molti nemmeno se ne accorgono.
Vita.
Eppure questa è vita,
la nostra, la loro: ma tant’è.
Che importa, in fondo?
Ogni momento
può essere quello giusto
per essere ammazzati.
C’è chi lo chiama destino,
sorte, malattia, caso, vecchiaia,
mafia, Stato.
La morte, in realtà,
ci appartiene
e quasi sempre ci sopravanza;
noi che siamo a suo riguardo
gli eterni impreparati.
Eppure c’è qualcosa di non chiaro
in questa strana storia,
qualcosa che mai torna:
l’appartenenza.
E se il momento è il nostro,
e se dunque nostri sono il destino,
la sorte, la malattia,
il caso, la vecchiaia,
chi mai può introdurci
con arroganza, con violenza,
nelle catatoniche distonie
della diseguaglianza, della illegalità,
del disonore?
Il mondo. Che tragedia!
Un mondo che respira
tra le piazze dei nostri silenzi,
tra gli stretti vicoli dei nostri dolori
e molti nemmeno se ne accorgono.
Nessun applauso
per questa opera sempre più odiata
e sempre più al vertice.
Strana storia. Uno dopo l’altro
stiamo cadendo in coro
nel fallito teatro delle libertà
come tante larve di cristallo.
Vita?
Eppure questa è vita,
la nostra, la loro.
Ma quanto ancora
potrà rimanere incollato,
al palato degli orrori,
questo torturato sipario
dalla bava di lumaca che si scioglie?
Ed è possibile che la luna,
per questo spettacolo infausto,
abbia le sue doglie
nell’aborto ultimo del sole?
Una cosa mai raccontata
e mai accaduta
si sta compiendo ai giorni nostri:
il tramonto della notte.
Ma a quale prezzo avviene tutto questo?
E soprattutto: in quale storia?
(11/09/2023)