“E questo è lo scritto tracciato: Mene, Tekel, Peres”
(Dn 5, 25)
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Decimottavo giorno del mese secondo del ventiquattresimo anno della duemillesima età. La parola di Io sono, il Signore degli eserciti, è scesa su di me, al quarantanovesimo anno, questa notte dal mare prosciugato da un cielo immobile, per una storia già scritta.
Così dice Dio, l’unico Dio, l’Onnipotente:
Eserciti dominio e potere
con esclamazioni del nulla.
E lenta si compone per te
la litania dei tuoi giorni a venire,
i mancanti, i vuoti,
i trucidati vivi.
Sottomessi al tuo giogo
di violenza e di orrore
si candidano nazioni e mercenari,
ora più che mai.
Una infame barbarie,
ipocrita condotta
di chi tiene di più
alla sua mentecatta poltrona
che alla stessa esistenza,
delirando soldi,
fiumi di deliranti
e abbagliati assassini
dalla gola profonda. Ingordi.
Costoro riceveranno
la loro ricompensa maggiore
quando il tedio
ingannerà i loro incestuosi affari
e l’istante diverrà per loro
una trappola di cenere e sangue.
Tu, invece, la tua ricompensa
la dovrai subire
nelle tasche arrugginite
del tuo medesimo vestito ibrido,
quando per l’ennesima volta
indosserai la meccanica
dello stupro al vero,
propagandando
ciò che maggiormente
ti disonora dal vivente
e ti allontana dalla tua stessa razza,
o scellerato
dal bruco che il collo gira
senza farvi ancora il nodo
di una terra ormai priva di primavera
e di contadini.
Sotto il peso dei tuoi stivali
si vive senza più levare spiro,
ad affaticati cuori.
Mangi vendetta
come fosse il tuo caviale preferito
e non salti mai una pietanza,
un pasto,
facendo dei tuoi mattina,
mezzodì e sera,
campi di concentramento
sparsi per le varie regioni
che inermi ospitano
innocenti bocconi
da mandare presto, molto presto,
dentro i gelidi meandri
di un organo ottenebrato
da una cadaverica peluria.
I palazzi e le torri.
Le piazze ed i loro quadranti insepolti.
I cimiteri nascosti
e i luoghi di culto
profanati dai tuoi dittatoriali gesti
preceduti e succeduti sempre
da repentine stragi e morti trasparenti,
tutte da giustificare.
Ma ecco.
Io mando sul paese
nel quale tu eserciti dominio
la più grande delle piaghe.
Anche gli insetti spariranno
per la sua veemenza,
davanti a tanta devastazione.
E su di te è scesa la maledizione
che ti volle uomo
prim’ ancora che tiranno.
Quando indosserai il vestito
per la festa ibrida
e a giunte mani
il mio nome bestemmierai
col tuo solo respiro,
ecco che su di te
lascerò calare
l’intera litania degli angeli
che stanno sempre a me dinanzi.
Guarderai con stupore
alla tua putrefazione prossima,
quella che già
ti sta attanagliando il petto,
nel morso freddo al cuore.
La tua coscienza
sarà priva di quel sé
che ha costituito
la disintegrazione della pace
nei territori in cui vivi
e in quelli adiacenti alla tua fine.
Molti credono che la mia voce
sia un elemento da considerare
come plurimo e vasto.
Sono la realtà, io.
E questa non parla
agli stolti e agli ignari.
Oggi come sempre.
Lascerò che la tua sete di potere,
che ti lascia delirare nell’onnipotenza,
ti beva fino in fondo, fino alla feccia.
Sarà una sinfonia meccanica
a rompere i gioghi
che hai costretto sul collo di tanti
e dalla sua dissigillata chiave
solfeggerò nelle mie sette note
dalle quali scaturirà
un abominio anatomico
che mai è stato predetto
e giammai ve ne sarà di pari entità.
Quando tutte le nazioni
comprenderanno di aver rotto
il vincolo della consacrazione alla pace,
alla verità, alla giustizia,
io mostrerò anche ad esse
le partizioni eguali
ove pentagramma e chiave
si scioglieranno tra le mie note
per le cosiddette sorelle
e a dissezione ultimata
chiamerò a raccolta
le montagne e i fiumi
che batteranno le mani su di esse.
In quel giorno
nuovi colli e nuovi mari
stilleranno i purpurei cieli
e la terra sarà preparata dal fuoco
per il tempo raggiunto
dalla mia ira implacabile.
Vindice del sangue dei miei figli
mi mostrerò quale io sono:
terribile con chi mi ha tradito,
terribile con chi ha tradito i miei eletti,
terribile tra le nazioni,
per le quali ho già preparato
la mia ricompensa.
Essa mi precede.
Comincino a contare
le mie parole con le orecchie, adesso,
e le ripetano con il loro sguardo basso,
una per una, una dopo l’altra,
coloro tutti che debbono intenderle.
Io sono
e il mio regno è tra voi.
Sì. Io sono tra voi.
Indicibile sarà la condanna,
ancor più tremenda
per chi non crede nel mio nome
e nelle mie parole.
Convertitevi.
Ecco. Io faccio
dell’antica alleanza
il mio nuovo giuramento.
Perché la mia bocca,
la bocca del Signore, ha parlato.
E non mi pento.
(18/02/2024)