Lettera a noi, altri da noi

Miei cari, sciogliete quel legaccio che vi co-stringe alla legge. Ad altri da noi confesseremo il nostro bene, la nostra fede? Certo, ad altri da noi, dopo averlo manifestato ai distanti da noi, a coloro i quali sono incatenati al forte giogo della carne. Infatti se per tutti è stata stabilita, attraverso il supremo sacrificio della Croce sulla quale si è lasciato immolare il Cristo per la remissione di tutte le nostre colpe e di ogni nostro peccato, non il suggerimento ma l’alleanza dei fedeli, bisogna dunque riconoscerci quali essi. Ed è in funzione di tale fede che dobbiamo morire su quella stessa croce per lasciar sì che sia Cristo a vivere in noi attraverso la Parola. Ecco. Non io vi parlo. Miserabile quale uomo non potrei mai discorrere di tali argomenti. Ma la regalità divina consente attraverso l’essere creatura di Dio di manifestare all’altro da me la medesima Parola, che si fece carne per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria, nel ministero della rivelazione. Fratelli non vogliate intendere il mio come un ammonimento per la vostra condotta, ma un suggerimento. Un suggerimento che può valere la vita eterna, la gioia piena. Ci sono tra voi persone, dominatori, che vi vogliono preda della carne, ancor di più dunque delle passioni, affinché non sia turbato il loro agire, il loro dire, il loro potere. Eppure l’uomo, consapevole di ciò che qui gli si lascia intendere, può scegliere l’altra via, quella della vita, quella dunque dello spirito. Miei cari sappiate che molti, tra loro, nutrono una severa paura poiché nonostante in cuor loro accettano questa verità, con abile astuzia la condannano all’esterno, ad altri da loro, poiché da persecutori temono di divenire i perseguitati. Dunque non abbiate timore delle avversità. Seguendo la via della croce con lo stesso ardore che animò il Cristo Gesù, il quale ha donato la sua vita per l’umanità intera, tantopiù noi non possiamo avere paura di nulla, né della fragilità umana, né delle angustie terrene, né delle ferite inferte su campi offesi dalla malvagità degli uomini, né delle persecuzioni. O diletti, quanto a cuore ho la vostra pia determinazione. Avverto in me la solitudine improvvisa del male, l’affollarsi nelle vostre anime di una letizia gaia, di una incontenibile speranza per quella che sarà la nostra futura, e mai lontana, eterna gioia, la stessa che Adamo ci tolse, attraverso la sua caduta sollecitata da Eva (e qui si guardi bene anche l’aspetto simbolico, e non solo umano, della Scrittura.) La rivelazione, infatti, cosa mai è se non l’illuminazione della mente posseduta dall’amore del Verbo che s’incarna in noi attraverso il mistero dello Spirito, lo stesso che lo fece germogliare nel grembo della Vergine, sua e nostra Madre? In questo, dunque, consiste la prima morte: fare la volontà di Dio Padre affinché, chi la mette in pratica e la compie secondo la Sua volontà, dopo averla davvero compresa in sé, ama il legno fatto oggetto di maledizione per l’uomo (così come lo stesso Cristo fu maledizione anch’esso, come la Scrittura ci dice attraverso i profeti). E ancora il simbolismo, la Croce attraverso la quale Colui che gli uomini davano per morto, in verità, spirando, non altro faceva che attirare su di sé i loro peccati per sconfiggerli con la salvifica gratuità dell’amore. L’amore. Io mi riferisco ad un sentimento che travalica l’umanità poiché sorregge con la sua onnipotenza l’universo intero e l’unica universalità entro la quale noi possiamo alzare gli occhi al Padre per chiamarlo amore, amore nostro, nostro perché ci appartiene fino ad essere non più altro da noi. Vi prego, fratelli, sciogliete quel legaccio che vi incatena alla legge. Poiché se per essa in terra siete condannati io vi dico, in nome dello stesso Cristo, che per le opere giuste sarete giustificati.

(28/01/2022)