Lettera ai miei fratelli in tempo alla brevità dei tempi
Carissimi, vi scrivo con la fretta di chi sa che il tempo è ormai breve. E, facendolo, invoco la grazia dello Spirito di Dio affinché possa io annunciarvi liete notizie. È il cuore a comandarmelo. Un Cuore che, umanamente, non mi appartiene ma che, per grazia, è in tutto anche mio. Possa io essere aiutato dalla semplicità di Chi ha posto nel mondo le fondamenta del suo principio. E quale mondo. E, carissimi, qual Principio!
Venne un tempo non fatto per umani tempi. Con esso la creazione fu l’esatto compimento di un’Alleanza stipulata non nel sangue, non con la carne. E fu la Luce. Le doglie di quel parto furono ben presto annoverate tra le beatitudini più eccelse che mai alcun essere vivente avrebbe potuto più vivere. Infatti, solo chi diede alla luce la Luce, identificandosi come Tempio vivo del Dio Altissimo, può vantarsi, senza vantarsi, di essere la Piena di Grazia. E per concepire la Luce, Ella, doveva essere priva di macchia, certamente, dunque immacolata. Sì. Concepita a sua volta Immacolata. In previsione di quel parto che avrebbe cambiato un tempo che sarebbe venuto in soccorso all’umano tempo. Tutto si deve a Colei che dicendo sì a Dio, ovvero all’angelo che Egli stesso mandò da Lei, credendo nell’avveramento di ciò che gli fu annunciato per bocca dell’angelo Gabriele, quindi, dallo stesso Dio, e, soprattutto, sottomessa totalmente all’Onnipotente e Padre dichiarandosi sua serva, dopo aver presentato ad Egli la sua completa presenza, attraverso gli occhi dell’angelo. Così dice in un passo la Scrittura, per mezzo dell’evangelista: Dio, nessuno lo ha mai visto: solo il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato. È fuor di dubbio che la Vergine, pur non vedendo Dio, con la potenza dello stesso Spirito di Dio abbia concepito Dio stesso. Questo Avvenimento è tanto grande e solo una corrispondente fede può aiutare nella comprensione di sì profondo Mistero, il più elevato. E ciò è accaduto soltanto perché, nella Beata Vergine Maria, dapprima il cuore e la mente, in sinergia con la volontà umana e divina, Lo hanno concepito. Ed ecco fiorire l’altro Mistero, più fecondo: quello della umana redenzione. Il grembo della Vergine Maria, reso gravido dall’amore incondizionato di Dio per l’intera umanità, è, così, divenuto il Tempio santo del Dio vivente. E in questo Tempio santo accadde un altro Mistero di salvezza: e, cioè, che con Maria, la Vergine Immacolata, la grazia che Eva ci tolse ci è stata restituita e lì dove abbondò la colpa sovrabbondò la Misericordia (Divina). Abbiamo avuto le doglie. Magari avessimo anche noi partorito. In noi era solo vanto. Un vanto che ci ha resi tuttavia testimoni, testimoni di tanto avvenimento. E in principio era la luce. E la luce è Dio. Cosa significa questo, alla vigilia, ormai, di un Natale che è alle porte e di un nuovo Giubileo, il quale dovrebbe infiammare, al modo stesso della natività dell’Emmanuele, le nostre anime così prigioniere di tanta crudeltà, perversione, immoralità, incredulità e pigrizia? Ma perché se nel Natale che già significa Dio che nasce, quindi Dio con noi, dovremmo giubilare per questo Giubileo? Perché è un Anno di Grazia nel Signore. E siccome il Signore è venuto a compiere ogni Scrittura, lui che è la Parola di Dio, quest’Anno di Grazia è oggi, ovunque e sempre. Il Giubileo dunque non è altri che Dio, nella veste del suo Figlio unigenito Gesù. Cristo allora è il principio. Sì. In principio era la luce. Ora, in un altro passo della Scrittura, sempre per mezzo dello stesso evangelista, si legge: Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Ecco le doglie. In un tempo non fatto per umani tempi. Ed ecco le nostre di doglie. Magari avessimo partorito. Era solo vanto. Non abbiamo voluto riconoscere la Luce, quella che illumina ogni uomo. La Luce per la quale tutto è stato creato, in cielo e in terra. Carissimi, noi abbiamo la possibilità alta di meritarci la Vita. La grazia che i nostri padri ci hanno tolto possiamo recuperarla, noi, con il nostro sì, col nostro nuovo Fiat, come fu, un tempo che deve essere per umani tempi, per l’Immacolata Concezione, la madre di Dio. Nulla è impossibile a Dio. Così avvenne in Maria: e il Verbo si fece carne. Ed essere Luce, noi, immersi in quella Luce partorita dalla Beata Vergine Maria ed esistente da sempre, ben prima del Principio. Poiché in principio era Dio, e Dio è il Verbo, e il Verbo non era il principio. Uniti dallo stesso Spirito di Dio, rallegriamoci, orsù dunque, perché se diremo il nostro sì saremo, in Colui che è, ciò che sempre Sarà: l’Eternità, nell’eterna eternità, dell’Eterno. E questo è l’inizio. E questa è la fine. Chi, dunque? Cristo. Vieni, Signore Gesù. Maràna tha!
Carissimi, cos’altro augurarci? In questo tempo di guerre fratricide, di conflitti aberranti, di fame, di sete, di pestilenze, di soprusi e di carestie, di siccità (di queste cose dette anche e soprattutto in figura) abbiamo il compito, il dovere, il primato, di assolvere la giustizia e rendere questo meravigliabile mondo, meravigliato. Come, dunque, riuscire in tanta opera? Meravigliando il mondo, oggi, compiendo il Natale. Ecco. Con tutta franchezza, il mio augurio più grande consiste nell’augurarci di essere come Maria, la Vergine Madre di Dio. Colei che, senza vantarsi, vanta il primato di Cristo. E affinché le nostre doglie siano così luminose da essere, noi, Sposa del Dio Unico e Trino, così splendenti come lo è la Citta di Dio, la Celeste. Sì. Vogliamo soffrire le doglie di tale parto, vogliamo percepire in noi le acque che si rompono (costruisci sulle acque le tue alte dimore), vogliamo essere anche noi tempo di grazia in questo tempo ormai breve. Amen. Amen.
(20/12/2024)