Lettera alla Chiesa di Roma



“E divenne, Egli stesso, moltitudine di Eternità.”

Cari fratelli e care sorelle in Cristo Gesù, ci benedica il Padre, nella grazia del Figlio suo, e lo Spirito Santo discenda su di noi affinché possiamo intendere la volontà dell’Altissimo e discernere così il bene dal male, anzitutto tra i sentimenti che presiedono nel nostro cuore, per dare gloria a Dio, sempre, con tutti i suoi Angeli e assieme a tutti i suoi Santi. E uniti, nella Gerusalemme Celeste, se l’Onnipotente ci reputerà degni di tale beatissima sorte, in un solo Spirito nel Dio vivente. Quale mistero più grande: vedere Dio, faccia a faccia, per essere in Dio, nel Dio Unico e Vero. Quale esodo fecondo, quale migrazione più gioiosa, sfociante in quella salvifica visione che ci trasfigurerà nell’Eterno, per ogni eternità.

Esulta, o sterile che non hai partorito, prorompi in grida di giubilo e di gioia, tu che non hai provato i dolori, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata che i figli della maritata, dice il Signore. Sarebbe bello pensare che questo passo della Scrittura in primo luogo faccia riferimento alla ricompensa promessa dal Signore ai giusti. Ecco. Quale giusto più grande esiste al mondo se non la Chiesa di Dio? Il giusto vivrà per la sua fede. E non siamo noi i fedeli, i figli che gioiscono in Cristo, lo Sposo della Chiesa, numerosi come le stelle del cielo e discendenza di Abramo? E come dovremmo giubilare? Esaltando Dio con la preghiera, lodandolo con inni e cantici spirituali, e con le opere, attraverso la vita che viviamo, come dono inestimabile e come possibilità di meritarci l’Unione in Dio, l’unico Giusto e Santo che ci vuole, per l’appunto, come Egli è: giusti e santi.

Ecco. Vorrei riflettere ancora con voi su qualche passo, su qualche espressione della Scrittura. Mi aiuti l’Altissimo in questo e piaccia al Signore nostro Gesù Cristo l’attenzione, la dedizione, l’amore che vorremo impiegare in questo nostro anelare alla fonte viva di ogni Esistere, alla Sorgente pura di ogni essere. Tutto questo anzitutto perché Dio sia esaltato attraverso di noi, proprio partendo da quel nostro anelarlo come suo popolo e gregge del suo pascolo: A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splendori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. O carissimi, siamo dunque noi tale principato? E non potremmo noi, quando il Signore verrà per farci stabilire nella sua Dimora Eterna, dissetarci al suo stesso Torrente? Alziamo il capo, dunque. Pensiamo alle cose di Lassù per rinascere dall’alto. Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Iniziando, quindi, come l’orante amato dall’Amato, sia questa, alla Porta di ogni Salvezza, la nostra prima richiesta, l’esclamazione terrena prima e ultima di ogni uomo: il tuo volto, Signore, io cerco.

La luce fu creata per l’uomo e non l’uomo per la luce. E nel creato fu la luce affinché fossero rivelabili all’uomo le opere di Dio. Nella pienezza dei tempi Dio mandò il suo Unigenito Figlio ad abitare in mezzo agli uomini. Ma gli uomini non lo riconobbero a causa della loro volontà. A coloro i quali hanno creduto in Lui, nel Verbo di Dio e dunque in Dio fattosi uomo incarnatosi nel seno della Vergine Maria per opera dello Spirito Santo, il Padre li ha destinati come eredi suoi. Il Figlio suo, infatti, Gesù Cristo, pur essendo di natura Divina, eccetto il peccato ha voluto condividere la condizione umana, assumendo una condizione di servo. E tale condizione volle conoscerla fino in fondo. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Molti lo ritennero un castigato da Dio, un abbandonato dall’Altissimo. Ma al Padre piacque così. Lo addimorò nei dolori. E questo avvenne affinché per mezzo del sacrificio sommo del Figlio suo l’umanità, sempre più agonizzante nei suoi peccati, fosse così redenta. Ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli. Quando si destò dalla morte, il Cristo, che è la Resurrezione e la Vita, vide la sua discendenza infinita e divenne, Egli stesso, moltitudine di Eternità. Il Figlio di Dio è stato, è e sarà, la nostra salvezza. E questa non è una storia antica, passata, carissimi fratelli e sorelle. Questa è la storia più attuale che l’uomo possa vivere, oggi come ieri, e domani come oggi. Quando Dio manderà il suo Figlio Unigenito, nei tempi conclusivi della umana storia, per giudicare i vivi e i morti, l’uomo comprenderà che la luce fu creata per l’uomo stesso e non l’uomo stesso per la luce. E la luce che fu creata per l’uomo era, sin dal principio, nel seno di Dio. Chiunque crederà che Gesù Cristo è il Verbo di Dio, Figlio del Padre, fattosi uomo incarnandosi nel seno della Vergine Maria, Madre di Dio e della intera umanità, per opera dello Spirito Santo, sarà chiamato eredità del Signore dal Signore stesso poiché in questi non la carne né il sangue lo porteranno a credere nel Figlio, ma lo Spirito di Dio che tutto opera per mezzo del Padre, l’Onnipotente. E nel creato fu la luce affinché fossero rivelabili all’uomo le opere di Dio. E quale rivelazione più grande, adesso, noi stiamo per ricevere, se non quella che ci renderà coeredi di Cristo e, dunque, Figli dell’Altissimo?

Oh, miei diletti nel Salvatore nostro! Nutriamo il coraggio con la fede e, in noi, la speranza trabocchi nel calice della carità. Chi non disprezza il mondo è vinto dal mondo. Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; abbiate paura piuttosto di colui che ha il potere di far perire nella Geènna e l’anima e il corpo. Fede e coraggio! Il Cristo ha vinto il mondo. Spetta a noi, soltanto a noi, vincere in Cristo, con Cristo, e per Cristo. Vincere in Cristo vuole significare anche di vivere in Comunione con Dio. Vincere con Cristo vuole significare anche che da tale Comunione noi possiamo fare le medesime opere di Cristo, per mezzo della sua Grazia che scaturisce per gli eletti del Padre suo e, dunque, del Padre nostro. Vincere per Cristo, infine, affinché dando la nostra bella Testimonianza per Cristo, davanti al mondo e ad ogni uomo, diveniamo vincitori nella nostra santa fede per Gesù Cristo agli occhi di Dio Padre, l’Onnipotente, che ci custodirà per sempre come Sue pupille. E non vi sarà più maledizione. Nella città vi sarà il trono di Dio e dell’Agnello: i suoi servi lo adoreranno; vedranno il suo volto e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte, e non avranno più bisogno di luce di lampada né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà. E regneranno nei secoli dei secoli.
Ecco. Nel Libro della Vita, prim’ancora del nostro nome, è scritto del nostro amore per Dio Padre e per il suo Cristo. Che noi possiamo essere annoverati tra coloro dei quali sarà presto detto: e furono addimorati nel seno della Luce quali Suoi figli.

Nella Chiesa che è in Cristo io saluto la Chiesa di Roma.

Carissimi, salutatevi gli uni gli altri con il bacio santo. Vi salutano tutte le Chiese di Cristo.

Colui che divenne, Egli stesso, moltitudine di Eternità, ci baci d’Eternità, con quell’unico bacio che soltanto a Dio appartiene. E il Verbo di Dio, che è nell’amore del Padre, ci colmi di ogni benedizione dello Spirito Santo, con quella grazia Trinitaria che per noi, Suoi figli, abbonda di solenni beatitudini in Cristo Gesù, Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. Amen.


(11/11/2024)