L’identità dell’ultima parola

“Tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato insufficiente.”
(Dn 5, 27)

“Oggi vive meglio chi, spenta ogni candela, danza sull’altrui tomba con l’inquietudine dei morti.”

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Spenta è la luce,
la speranza volge ormai al suo tramonto
e nella mano dei rimorsi
si solletica l’infanzia.
Uomo,
il tuo pianto ultimo si è trasmutato,
innanzi alla metà
del tuo essere divenuto parte del niente,
in femmineo lamento
imboccato dalla civile assenza
di una vedova madre.
E tu, paese,
non sei forse annoverato già
come lo scarto di uniti sepolcri
ove ad incidere le voci dei tanti,
sui filamenti smussati delle corone più indegne,
sono soltanto le bocche indolenzite degli angeli?
Nessuno parla e nessuno tace.
Parimenti,
nessuno veglia e nessuno dorme.
L’occhio.
Resterà l’occhio acerbo
della neonata esistenza,
che bollente saltella
sull’insegnamento sospeso della inaugurata perplessità
nel balbettio manomesso d’una ribellata visione,
a sottolineare a sangue,
sul muro della interpretazione non contestabile,
l’identità dell’ultima parola.

(13/03/2022)