Tutto è fermo in noi.
È una enorme attesa di parole,
di pensieri, di pulsazioni…
Il cielo spande i nostri anni,
non migrano rondini
e nemmeno il vento
accompagna questa notte
trasfigurata
dallo schianto dei silenzi,
dalla testimonianza
di sette luminose spine
che osano fiorire
tra le nostre violacee labbra
arse
tra la memoria del tempo costante
e la sgualcita fame
di un mondo sempre più in cenere.
La soglia inconosciuta
che concentra l’unione e la distanza
non è forse
la chiave stessa
che schiude il nostro estremo vegliare
presso l’assaggio ulteriore del bello,
ebbro di estatiche stagioni
per le insuperate equivalenze
del nostro indenne sentimento?
Parrebbe che la fine
sia una imprescindibile
condizione dell’essere,
così come il principio
una cautelativa coscienza
per ogni premonizione.
È il vero,
tutto ciò non è altro
che l’inenarrabile vero
cibantesi del nostro amore
primevo e nuovo
per alimentare le nostre anime
di quella sempre vita
uguale all’ieri, all’oggi
e a ciò che già sarà
poiché è.
Su, dunque,
fermiamoci ancora
in questo cielo
abbracciato ai nostri
levigati anni.
Sia di noi
una costellazione immersa
nella fonte dei gemiti infantili
e dei sospiri di latte
e lasciamo brillare
alta nel tutto
questa enorme
schiera di pulsazioni,
di pensieri, di parole,
attese dalla loro stessa attesa,
prima che le nostre bocche
nutrano voci di voci
nel ritorno dei primi loro baci
per sfamarsi di un tempo costante
giammai appartenuto
a qualsivoglia memoria del mondo.
E mentre ti guardo ecco la soglia.
E mentre mi parli ecco la chiave.
Poiché siamo unione
e dove noi stiamo
non sorge perimetro sonoro
di alcuna distanza.
Soltanto il canto degli angeli.
E lo stupente stupore dell’alba…
(26/07/2023)