Maher-scialal-Chash-baz
“Giorno di angoscia, di castigo e di vergogna è questo, perché i figli sono arrivati fino al punto di nascere, ma manca la forza per partorire.”
(Is 37, 3)
C’è chi vive per la lotta e chi per la morte. Per quale beffarda canzone sa compromettersi l’uomo, annichilito nella sua forma di in-esistente. Non serve porsi alcuna domanda: lotta, e tanto gli basta. In fondo è un con-vinto. Giace nel suo stato d’animo perpetuandone la p-regressiva abdicazione. Che forma di mal-governo la sua irregolare assuefazione alla sintesi del sentimento e quale s-piegamento di crudeli abomini deve subire anzitutto l’ingravidante soffio del suo principale antagonista: la storia. Ecco. Enormi sono gli sforzi, innumerabili le violenze che questa sopporta. Come una donna distesa nel suo letto intriso di sudore, presa dalle doglie, sente i suoi figli voler venire alla luce ma le manca la forza nel parto. Li avverte per non vederli, li sente per non generarli. E dunque, poveri figli o povera madre? Un assedio generazionale che non ammette limiti poiché non coinvolge i suoi pre-potenti confini. Eppure vi sarà un figlio. Una società che impari ad amare la storia prim’ ancora di chiamarla col suo vero nome. Poiché quando gli sarà dato di esprimersi parlerà per la vita, con la vita, nella vita, ad appena slattata bocca.
(22/09/2023)