Me ne vado straniero cantando il tuo canto
Il mio cuore ripete il tuo invito:
“Cercate il mio volto!”.
Il tuo volto, Signore, io cerco.
(Sal 27,8)
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Privo di bene guardo alle tante terre prive di pace. Chissà se il logorarsi delle mie ossa è paragonabile al tacere delle bestie. Me ne starò in silenzio anche io. Ma dinanzi a molti sarà la pietra ad elevarsi con quello sdegno che pure a me appartiene. Sì. Perché mi divora lo zelo per colui che amo e perché colui che amo mi divora col suo zelo. Custodito tra i suoi occhi io sono come una pupilla illuminata dalla parola che non è solo suono, no, ma è anzitutto sua creazione e creato. Di me è scritto, nel rotolo della legge, che compirò l’opera tua, ossia porterò a compimento il mandato che tu mi hai affidato. Ecco. La coscienza singola che viene addimorata in quella collettiva e viceversa, avanti ad una pace priva di terra e ad un bene privo della umanità. La storia che mastica se stessa, un’ultima volta, consapevole della sua imponente disfatta. Essa siede in compagnia dei malfattori, mangia e beve digrignando i suoi denti sui sepolcri dei giusti e dei dannati. Io sono pronto. Versami nel tuo catino. Voglio essere vendemmiato come un grappolo di acini maturi dai tuoi piedi, gli stessi che stanno per calpestare le vette un tempo a te sacre e divenute, oggi, spelonche di ladroni e covi di adoratori del male. E siccome hai messo tra le mie labbra le tue parole, su questo paese che per altri paesi è terra d’esilio, di deportazione, di oltraggio, io me ne vado straniero, di notte in giorno, lodando il tuo nome e cantando il tuo canto, con una voce che brillerà nella gola di tanti. Pace. Possa io mirare l’angelo dell’alleanza srotolare i nuovi cieli all’inverso mentre mi unge, tra terra e aria, con la sua gloria che da sempre mi appartiene. E voi che portate il marchio della sconfitta tra palmo e capo, comprendete adesso: egli è qui, ha con sé le tavole della legge, e in fondo ad esse v’è incisa una data, quella della scadenza. Non tarderà questa e non mentirà, poiché la fedeltà gli appartiene. Meditate, dunque. Mentre i miei anni si dileguano oppressi dal nemico, contemplo i secoli dei secoli nel volto del tuo volto sulla terra dei viventi, Signore. Meglio per me tacere, privo di bene, col silenzio delle bestie. Meglio per me essere umiliato e provato. I figli si correggono. Non si dimenticherà di me colui che è amore e che mi ha generato. Ma i malvagi diverranno polvere estinta dai venti, saranno come pula spersa nei granai del cielo e mai più ricordati. Io, intanto, vedo il mio giorno e me ne rallegro poiché il mio giorno è il tuo giorno che da sempre va ripetendo: Avvicinatevi a me, voi che mi desiderate, e saziatevi dei miei frutti, perché il ricordo di me è più dolce del miele, il possedermi vale più del favo di miele. Quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà. E dinanzi a molti che non vorranno comprendere, poiché così di loro è scritto nel libro, io invece resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia.
(03/12/2024)