Neanche il lamento vuole tornare a casa
È una notte sempre più profonda. Rassomiglia alla ferita che va ingerendo il mondo. Una estenuante attesa circonda i popoli per un’alba che ormai tarda. E sul peccato delle nazioni c’è chi veglia. Se la verità viene trafitta e sorte peggiore è decretata per la giustizia, come farà la pace ad abbracciare gli uomini sempre più smarriti e lontani dalla via, dalla vita? Quanto sangue macchia la coscienza dei vinti da questo secolo. Quanto odio. Quanta desolazione. Mentre essi proseguono coi loro delitti, con i loro loschi affari, con le loro infamie, tuttavia c’è chi semina speranza, perdono, carità, nei fertili campi di un amore sempre più affamato di frutti novelli, primaticci e buoni. Affonderanno le radici del bene tra i rovi e le macerie di tanta devastazione. L’umanità tutta deve riassaporare il bacio dei valori che la fondarono sulle sette colonne degli elementi stabiliti per governare una natura che conosce solo sfruttamento, violenza e patimento. Sì. Indubitabilmente questa è una notte che non ha riguardo nemmeno per le stelle. È profonda come la piaga che si è procurata il mondo. Ma sul peccato delle nazioni veglia il Signore. Forse Dio si è sdegnato dei figli degli uomini. Forse è per questo che l’attesa è divenuta terribile. Popoli di popoli sono circondati dalle livide labbra di un’atmosfera immobile. Neanche il lamento vuole tornare a casa. E l’alba ormai tarda.
(21/05/2024)