Nel fertile petto della vittoria



L’ho suscitato dal mio materno afflato
e ho fatto di lui come una nazione, la potente,
popolata ovunque dal mio verbo.
Così come si sottomise all’oppressione degli empi
pur di non provocare il mio sdegno per ognuno di essi,
vedrà presto con i suoi mai bollenti occhi
la sorte che ho loro destinato,
ingordi e avidi perfino della menzogna
e adepti della superba viltà e della vile superbia.
Mangiò l’erba amara della quotidiana afflizione
affinché fosse temprato, messo a dura prova
e infine purificato, come l’argento vivificato nel crogiuolo.
Che forse io avevo necessità di comprendere
l’opera delle mie viscere,
di renderlo ripudiato innanzi alla sua generazione?
Eppure l’ho reso uomo
ed è passato nel fuoco aizzato dai prepotenti
affinché la mia ira s’elevasse su di essi ancor più forte,
giacché non hanno avuto pietà perfino del mio servo.
Ma io l’ho sostenuto con la mia destra
e nel dolore dell’anima e del corpo, nell’angoscia profonda,
abbandonato alla mia volontà non l’ho lasciato solo.
Ecco. Egli saprà di essere per me un figlio
e anche i cieli si spalancheranno per lui quando,
preceduto dalla ricompensa riservata agli eletti,
con tutta la terra prostrata nella polvere
porrà la spada dai miei tre volti nel fertile petto della vittoria.

(10/01/2022)