Quando, privata del sonno
e dei suoi allori,
la cornea dell’esistenza
recepisce la sordità della sete
nel globulo neutro della coscienza sfamata,
accade il tempo di dentro
rielaborato in un’atlantica visuale.
Progenie di una dimensione inedita
esso è, nella reversibilità del tutto,
lo stigma dell’anima netta
elevato sopra la liquefazione
di quella materia che lo ha reso nucleo,
forma e specie, dell’insita distanza
tra l’innervato verbo e la cinetica dello spirito.