Nel tempo in me compiuto
Le vesti. Le vostre stracciate vesti
che di vergogna e di sangue
orgogliosamente indossate
tra lo strepito degli avvoltoi
prima, durante e dopo
i noviluni immondi
ove si consumano le vostre orge,
i più efferati delitti
comandati dai più infami incesti
che si presentano come innocui,
innocui ed innocenti
avanti alle due colonne del martirio
alte quanto la vostra grande miseria.
Una babele senza intelletto,
smezzata briciola di scienza,
vaso ricolmo di empietà
oramai pronto all’esser frantumato
nei cocci estesi dei vostri occhi,
quegli occhi senza riguardo
abitanti di un volto
dal tratto superbo e vanaglorioso,
perverso e vile.
Ridurrò quel vostro scellerato patto
in canzonetta per i popoli,
gli stessi che smetteranno
di intonare troppo spesso,
incautamente, le altrui bestemmie
evase da bocche serve del male
sul mio innominabile nome.
Avverrà che dividerò le vostre vesti,
le vostre vesti dividerò in due parti,
in appena due parti eguali.
Come una prostituta
metterete al buio di questo mondo
un figlio, un figlio dai due volti.
Verrete a me nelle lacrime,
chiederete pietà e salvezza
per la vostra creatura,
l’innocua e l’innocente,
chiedendo la vostra fine più indegna
pur di riscattare la sua esistenza.
Non ascolterò.
Io non asciugherò il sangue
sui due pezzi di stoffa,
non cancellerò la vergogna
impressa su quel vestito diviso
e conteso dalle medesime mani
affinché sappiate per sempre
che la vostra condotta,
che le vostre opere omicide,
i vostri ripetuti atti
contro persone innocenti
esecrati con inquieta efferatezza,
i soprusi con i quali avete agito
in nome di una legge
debita soltanto
a soddisfare i vostri piaceri
ed i vostri indegni interessi
opprimendo il misero,
massacrando il povero,
violentando le vedove in animo,
non saranno perdonate da alcuna giustizia
per la quale io mi compiaccio,
e nella quale io stesso sono e vi dimoro.
Ecco il figlio della depravazione:
una immagine dal doppio capo,
dalle sette corna,
dai due occhi,
dall’orgoglio impresso sulla fronte
col suo nome senza lettere,
colui che avete generato
nell’orgia assurda della depauperata ora,
quando a primavera il sole muore
per soddisfare l’opera del vostro destino,
nell’inconsapevolezza malefica
che vi è padre, padre emerito,
e non di sangue, e non di spirito,
bensì perché nei suoi occhi
avete riflettuto le azioni delle vostre mani.
Nella disperazione consapevole
intingerete nella sua bocca
le vostre dieci dita
rendendole immonde,
immonde affinché possiate carezzarlo
con sentimento effimero,
con identico fare da prostituta.
Si avvererà dunque ciò che è scritto
e che voi non avete voluto leggere
ma che ben avete udito
nelle piazze putride dei vostri piaceri.
La spada sguainata dapprincipio
per tagliare la veste oscura dell’orrore
si sporcherà ma nessuno la guarderà,
come un’affilata sega
dividerà in quattro parti
le due colonne del martirio
e ne farà luce dei popoli tutti
verso i quattro angoli del mondo,
come i miei venti che già irrompono.
La mia canzone,
la mia canzone è la mia verità
erta in mezzo a voi
che procederete ancora per un poco
nell’opera che non voi,
non da soli vi siete addossati
e che vi renderà tuttavia maledetti
come questo vostro figlio;
voi, vittime di tanto padre acquisito,
il perennemente immondo.
Ogni vendetta, ogni bestemmia,
ogni omicidio, ogni sopruso,
ogni opera frutto di viltà e di orgoglio,
ogni diritto negato,
ogni parola giusta fatta affogare
nel mare grande dei vostri delitti,
si prostrerà davanti alla pietà
che nel cimitero della nuova babele
nessun perdono muoverà per essi,
e ancor meno pietà proverà per voi.
Ancora un poco è sarà mezzogiorno.
Ancora un altro po’ e verrà mezzanotte.
Come una prostituta
che si lacera la veste già divisa
per la nascita del padre
così avverrà per ella:
ricondurrò nel suo ventre
il montone della perdizione
e dalle sue rotte acque
laverò le iniquità del mio popolo eletto
che tacerà per due tempi,
e per i restanti quattro
piangerà alacremente
per il sangue non più rinnovabile,
non più ravvivabile,
steso come un vello di prima mano
sopra colei che diverrà figlia unica
del capro, del montone,
della scimmia,
e madre, infine, di ogni perdizione.
Le mie parole sono le mie parole,
appartengono alla bontà dell’uomo
e dicono ciò che hanno già detto:
ciò che andava fatto
è considerato dal tempo compiuto,
poiché le mie parole sono le mie parole,
appartengono alla bontà dell’uomo
e dicono ciò che sto per compiere
nel tempo in me compiuto.
(21/03/2022)