Nella mezzanotte del cuore orfano

Vanno a coricare le loro bocche tardi, con la lingua volta nella mezzanotte del cuore orfano. Sono i paesi in festa per la colata delle dodici stelle.

Un tempo, quando le conifere e i primi vegetali tossivano, non si udivano sulla terra gli spari. Ma quando è giunto il momento degli ominidi, le prime scimmie hanno ripudiato il fuoco. Tardi. E valanghe di mammiferi si sono ricoperti col vello della vergogna affinché le specie passassero, pigre e disoneste, tra le evoluzioni dei giorni. Tutto questo fino all’attuale momento. Lì, dove uomini vanno sterminando piantagioni di latte.

E se il futuro cominciasse quando gli occhi si destano tra le tenebre che parlano nel peggiore dei sogni che mai termina?

È magma, o istante profuso col germe da continente, che rimembri con irriverenza e lutto l’inattesa pubertà di chi ti mugghiava dentro tossendo l’età della morte, calibro pietra, nel poligono della distanza che accomunerà, domani, insetto e cinghiale per la congiunzione passiva di tutti gli avveniristici fenomeni atmosferici. Mentre l’acqua, col suo ciclo mortale, ancor oggi popola di schiaffi liquidi i mondi emersi dopo aver ingerito inappetibili sostanze soporifere: esalate innocenze, come le architetture mutevoli delle improcrastinabili lacrime di ieri.

Il cuore orfano. Percepisco, nella sua mezzanotte, che, al pari dei paesi in festa, le bocche di molti si osservano, prima di coricarsi tardi, con la loro lingua socchiusa a metà per la colata delle dodici stelle, lì, dove uomini vanno sterminando piantagioni di latte.


(04/12/2024)