In verità siamo combattuti nel sacralizzato combattimento della più effimera morte eppure a combattere non siamo noi bensì chi è replicato in ogni forma d’essere dal disfacimento della vita per issare il drappo temporale della umana vergogna tra le infami roccaforti dei mercenari dalle molteplici patrie. Nelle campagne dei sentimenti diroccati, a nudi piedi e a ventri scoperti pigiano sui propri figli il dolore di riscoprirsi ancora e ancora donne, l’ostaggio vero nascosto nel cuore di questo secolo, per un passaporto di mosto avariato, dimenticando, nell’andare immane di una veglia senza più tramonto, d’esser prima di tutto madri. Madri che incarnano, oggi come ieri, il destino del mondo. Non piangiamo. Non ci lamentiamo. Non ci disperiamo. È innegabile. L’agonia per taluni è diventata un’opzione di trasporto, per innocenti altri l’occhio schiuso, la bocca sorridente in balìa del bacio definitivo di un sogno trasfuso nella mutazione sanguinea di un male mascherato da un’alba che più non comprende pietà.
(02/02/2024)