Nell’unica pulsazione celeste che imploderà d’eterno
Un’altra strage.
Un’altra strage richiamata
da un’altra strage.
Questa è la chiave
di tutto ciò che persuasivamente
non si lascia mai alla casualità,
nonostante resti l’effettività
di uno dei più grandi enigmi.
L’iniquità che non si lascia
prevalere dalla giustizia,
ovvero la giustizia
sempre più derelitta
e priva del tutto di quell’equità
con la quale la si dovrebbe
non interpretare né supporre
bensì vederla con occhi da innocenti:
veritiera e nuda, nuda e veritiera.
Attenderanno forse
che l’intelligenza artificiale
sveli l’enigma
e che lo strumento musicale
meno idoneo
indovini di tutto lo spartito
la sua chiave
per ufficializzare nel giorno del coniglio
chi sia stato l’accusatore brado,
l’attentatore di riserva
disteso già da tempo
nella sua supplementare bara.
No. Non basterà al tiranno la violenza,
come al violento non basterà la tirannia.
Voi, tutti voi la vedrete.
È una splendida costellazione
che già fibrilla tra cielo e terra
e che in grembo suo disegna l’aborto
di un dio mancato,
o idolatri, o zoolatri,
che non parla e non ascolta,
che non vede e nemmeno si addomestica:
un inganno senza cuore,
dai piedi e dalle mani di polvere,
di argilla e di cenere.
Quando l’incanto
dell’incantatore più malvagio
non avrà più effetto
allora si alzerà lei,
la vipera,
e morderà gran parte della terra
dal collo del serpente.
Continueranno gli empi ad essere empi
affinché si avveri ciò che per gli empi
è stato decretato
sin dai tempi più remoti.
Già, gli empi.
E chi si riconoscerà in tale status,
chi vorrà domani affermare:
io non vi appartengo?
Ostinazioni che si dilatano
nelle mattanze perpetrate
contro i giusti, i pii.
Ma ecco.
Così dice Dio, mio Signore.
Il giorno del sabato mi appartiene
come il calcagno
posto sul collo del serpente
è mio discepolo e mio amore.
Il coniglio balzerà contro la vipera
e da essa,
dalla sua testa si ergerà in tre tempi
il corno unico e solo
della grande serpe a sei ali.
Io permetterò che avvenga
ciò che deve accadere
poiché l’uomo che ho creato libero
è a mia immagine e somiglianza.
Il primo ad essere morso
sarà l’abile incantatore
al quale sarà tolto ogni potere,
ogni speranza.
Seguiranno i suoi fedeli,
i suoi adepti,
i suoi mercenari,
i suoi servi,
ma prima di questi i suoi simili,
gli appartenenti
alla sua medesima razza.
Nel sangue del codardo
lascerò brillare l’aborto
della sua discendenza
tra il cielo e la terra,
in un costellato di tempo e di tempo.
Alla fine del visibile
susciterò un ultimo tempo.
Il giorno non vorrà riconoscere la notte
come prosecuzione naturale degli eventi.
Sorgerà il giusto,
come un germoglio
si alzerà dalla terra dei vivi
per compiere ogni mio atto di volontà,
prodigio dopo prodigio.
Egli ricondurrà a me i miei figli,
gli eletti, i pii,
e con la bilancia a tre pesi
vaglierà il grano, l’argilla e la cenere.
La giustizia sarà un equo concetto
dimorante nel suo nome
e avanti ad esso l’iniquità sparirà,
misurata con la stessa misura
con la quale furono create
le libertà degli uomini.
Nel sangue dell’infamia
lascerò pulsare il cuore
di una moltitudine di popoli
che si risveglieranno per il nuovo
e in quello stesso sangue
laverò i piedi dei giusti,
dei pii, dei miei servi, i miei figli,
i quali attraverseranno da colle a colle,
da memoria a memoria,
l’ultimo braccio di un oceano
che non ha inizio né fine,
cantando con la bocca piena di mare
il canto dei redenti.
In quel tempo
non ci sarà più sacrificio né sofferenza
e regneranno solo vera luce e gioia piena.
La giustizia sarà nel nome dei miei eletti
che saranno tutti in me, con me, per me,
nella Gerusalemme che ho per loro preparato,
in quell’unica pulsazione celeste
che imploderà d’eterno.
(16/01/2023)