Al ventitreesimo giorno del dodicesimo mese, nell’anno ventiquattresimo della duemillesima età in Cristo Gesù, l’Altissimo, il cui nome oggi e domani non è da pronunciare, mentre venivo da Egli stesso custodito come sua pupilla per imbandire una terra della sua magnifica e terrifica luce, mi ha parlato in questi termini:
Ingombrante.
L’assenza del Signore
diventerà così imponente
che ogni essere umano
che vivrà sulla terra
nutrirà il primordiale bisogno
di invocarlo.
Tutto questo accadrà
perché susciterà una carestia esasperante,
come mai provata prima,
della parola dell’Onnipotente.
In quel tempo
vi sarà una sola speranza
che darà linfa
ai popoli di tutte le nazioni,
nella fecondissima attesa
della sua salvezza.
Non essendo nato
nei cuori di chi ha la facoltà
di ristabilire le sorti delle genti
che abitano su questo pianeta,
Egli, il bambino di Betlemme,
prenderà come dimora
il pianto dei piccoli,
il dolore degli orfani,
la solitudine degli emarginati,
il lamento delle vedove,
lo strazio ammutolito delle madri,
l’urlo delle donne
vittime di efferata violenza,
e ancora.
Sì.
Egli, l’Emmanuele,
in quel giorno
non sarà chiamato Dio con noi,
ma Dio è in loro,
mantenendo il suo nome,
i suoi titoli,
la sua regalità,
la sua onnipotenza,
la sua gloria
e portando con sé ogni vittoria.
Natale.
Natale non è una festa da ricordare,
tantomeno una solennità da mercificare
o un sentimento prodotto dall’uomo.
Natale è qui,
in ogni attimo
che ci trasfigura nel suo tempo.
Ecco. Figlio dell’uomo,
sarai forse tu
a proclamare beati o maledetti
coloro che benedicono
i loro popoli al mattino,
gli stessi che, nel contempo,
arano sul dorso dei contadini?
O non sarò piuttosto io
a indicare, col mio visibile dito,
la loro presenza, la loro assenza,
di tra noi e tra di essi?
Tu, figlio dell’uomo,
parla loro, profetizzando così:
Il Signore Altissimo,
che anzitutto è Padre,
si rivolge agli operatori di iniquità,
di distruzione,
e ai coltivatori di ogni vendetta.
Egli, che è il Pastore e l’Agnello,
il Vendemmiatore e la sua stessa Vendemmia,
parla in questi termini:
Voi, che fingete di comprendere
che nell’Onnipotente
risiede l’unica via di salvezza,
dimora dell’unico vero Bene,
il Principio e la Fine,
il Creatore dei cieli e della Terra,
il Sapientissimo e il Vivente,
ben prima che si compia Natale, ordunque,
voi lo andate ammazzando nei paesi
tra le piazze e i palazzi,
le chiese e le acque,
in ogni città,
affinché l’egemonia della guerra
sia chiaramente limpida,
non offuscata
da alcun’ombra d’amore.
E questo accade
perché avete terrore dell’amore.
L’amore è potente,
è il più forte in battaglia.
L’amore è più forte della morte.
Sì.
L’amore vi fa tremare le mani
e vi infiacchisce le gambe e le braccia.
Per questi motivi
andate alleandovi alla morte, tra morti,
dicendovi l’un l’altro,
con belligeranti silenzi e osceni patti:
crocifiggiamolo,
crocifiggiamo perfino il pensiero che si ha di lui,
e crocifiggiamo chiunque crede
che l’amore vince,
che l’amore è la via,
che l’amore è verità,
che l’amore è vita.
E bombardiamo ogni Betlemme,
dopodiché ogni simile suo
sia deputato alla morte,
meritevole della sua medesima fine,
affinché ogni pascolo sia massacrato
e la vigna sua diventi per sempre nostra.
E così, crocifiggendo lui, l’amore,
liberate dalla culla l’Onnipotente,
prima, ben prima
che si celebri il Natale.
O stolti, o indegni, o vili:
che forse il Signore
non vede tutto il male
che commettete
su questa offesa terra?
E, intanto,
andate di tra voi dicendo:
Egli non vede,
non se ne cura affatto.
Badiamo a noi, dunque,
a questa nostra vita prima e ultima,
mangiamo e beviamo,
e danziamo,
danziamo sui cuori
che non abbiamo fatto mai nascere e,
infine,
non sazi di tanta ignominia e baldoria,
vomiteremo le nostre sentenze
perfino sui morti.
O vili, o indegni, o stolti:
il Signore,
l’unico che ha il potere
di dare la vita e di riprendersela da sé,
l’unico che prima di nascere
è già tra di noi il risorto,
così si rivolge a voi, oggi:
Ecco. Io vengo.
Oracolo del Signore.
Prenderò come dimora
il pianto dei piccoli scandalizzati
e derisi;
il dolore degli orfani
lasciati soli tra la sete, la fame, i bombardamenti;
la solitudine degli emarginati,
campi minati nel corpo e nell’anima;
il lamento delle vedove,
inascoltato perfino dai propri parenti;
lo strazio ammutolito delle madri,
perse in ciò che hanno perduto di più caro;
l’urlo incenerito delle donne,
vittime di tanta efferata violenza.
E prenderò, infine,
dimora anche in voi,
nei vostri figli e nelle vostre discendenze,
o generazione perversa e incredula
che tra le generazioni maledette
tutte hai superate in empietà,
crudeltà, viltà.
Avrete il terrore entro voi
quando entro voi
mi lascerò nascere.
Poiché avete disprezzato i più piccoli,
non li avete dissetati,
sfamati, vestiti, curati,
non li avete protetti,
non avete fatto di loro
il vostro sorriso innocente,
bensì ne avete posto il fondamento
per il pianto lungo, largo,
infinito di questo mondo,
e perché, oltre a disprezzarli,
avete colmato la misura trucidandoli,
vittime, loro, di una progenie armata
dal potere accecata,
che io disconosco del tutto,
infame e bastarda.
Io nascerò entro voi come pensiero,
dapprima.
Come pensiero di giusto giudizio
e di onesta condanna per ogni condanna.
Poi, al mondo in attesa di salvezza,
mostrerò la salvezza,
la speranza che si fa certezza,
la promessa rinnovata
che si svela in avveramento
della stessa certezza.
Dunque, Io.
Io vengo.
Oracolo del Signore.
In quel tempo non si dirà più:
a Natale nasce il bambino di Betlemme.
Perché io vi dico
che quel bambino è già nato.
Il Natale è sempre.
Natale è qui,
in ogni attimo
che trasfigura l’uomo nel mio tempo.
Il mio secondo Natale, invece,
sarà così imponente,
così ingombrante,
da lasciarmi invocare
perfino dal silenzio
che non potrà più restare in se stesso,
ovvero essere silenzio in silenzio.
E come un tempo
fu detta beata
Colei che credette
nell’adempimento della parola del Signore,
così io proclamo oggi beati,
coloro che crederanno
nell’adempimento della mia parola,
oracolo del Signore.
Poiché in costoro nascerà
il frutto benedetto di tanto amore.
Ecco.
I giusti proveranno una eternata pace
tra i loro cuori e nel loro spirito.
Vivranno
e la loro gioia sarà piena e duratura
quanto i tempi che mi sono testimoni,
già da ora.
Gli empi, invece,
non godranno di alcuna pace.
Per loro il castigo sarà grande,
così ingombrante
che il mio silenzio verso di loro
sarà la loro pena più intensa,
la mia parola taciuta
sarà la loro condanna più grande.
In quel giorno, oracolo del Signore,
il rasoio dell’Altissimo
possederà lame così affilate
da dividere in due ogni pietra
come una pietra d’angolo ben levigata.
Io stesso, dice l’Onnipotente,
raderò dal mio volto a due facce
i peli superflui,
cresciuti nella notte del mondo.
Li getterò via dall’alto,
come neve che cade sui colli.
Tingeranno di scarlatto
la terra dove si andranno a posare lievi,
lievi.
Essi saranno il segno
della mia benevolenza verso gli ultimi,
il resto che mi sono scelto.
Resterà la notte del mondo
e il mio volto in quel tempo,
quando verrò e colpirò il male
con lo sterminio.
In verità anche la fine,
in quel tempo,
saprà della sua fine,
dinanzi ai cieli srotolati
e alla terra che ho preparato
per il principio
che saprà del mio principio,
Oracolo del Signore, l’Altissimo,
l’Onnipotente,
il quale ha parlato al mio Signore
poco prima di posare il suo occhio
sulla terra che andavo illuminando,
terrifica e magnifica.
E visione del suo servo,
il figlio dell’uomo,
a cui è svelato il mistero
di Colui che i cieli abita
da Colui che abita i cieli,
che il suo poema in seno mai rattiene
per volontà dello stesso Signore
che non trattiene in seno la sua destra,
e al quale vanno ogni forza, sapienza,
amore, gloria, onore,
vittoria e benedizione. Amen. Amen.
(23/12/2024)