Null’altro che pace di perpetuità
Non è rimasto nessuno.
Eppure siamo in due
attorno a noi.
Con quale democratica misura,
con quale geometrico salto demografico
si va ottemperando l’annullamento
di qualsiasi matematica terrestre
coi suoi algoritmi bidirezionali
che cromosomi e genomi
dovrebbero anticipare
alla neurale complessità dell’essere,
quivi esteso nell’espressione a uomo?
Ci vorrebbero interpolati,
prim’ ancora
che nello specchio di rugiada manomessi,
a dispetto delle integrità dei valori
e non dei simboli,
e nonostante i segni, i prodigi, la parola.
Ci vorrebbero
e ci provano con ogni scienza,
perché i segni sono il riverbero
della presenza di un verbo
che provocando prodigi
scuote la parola che si rende procreante
pur di generare tutti gli effetti
per la quale la stessa è stata procreata.
Passerà, cesserà questa stagione avversa
e ne verranno altre di avulse
perché si dia torrenziale spazio,
privato del suo competente spazio,
all’irriverenza
che non reca bene alcuno alle creature,
prima che alle persone.
Questo avverrà
perché nella metafora dell’esistenza
si va distruggendo la vita
e nella beata eredità
si sono intromessi ladri, assassini, malvagi.
E affinché si possa affermare
con estrema certezza:
non è rimasto nessuno.
Eppure, di là dell’atomo,
della stessa luce,
siamo e saremo in due attorno a noi.
Roteando come dei magneti
svilupperemo traiettorie
che soltanto agli angeli
sarà permesso di cantarle
perché in quel tempo, in verità,
noi saremo la parola
perfino nella loro parola.
E sarà la fine del caos
e l’inizio di ogni superna armonia
per la comunione definitiva dell’uomo
nel grembo perfetto
dell’auto-contemplazione costante dell’Eterno.
Non resterà nessun secolo.
Uno dentro l’uno
e, attorno all’uno,
null’altro che pace di perpetuità.
(17/06/2024)