Paolo di Tarso

«La notte seguente gli venne accanto il Signore e gli disse: “Coraggio! Come hai testimoniato per me a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma”.» (At 23, 11)

Non la carezza che sfama, soggiunse. Il bacio dell’addio è ciò che avrei desiderato. E parve quasi un commiato. E pianse, e piansero. Si diradò il piacere dell’assieme, il bene agguantò la sua specie nell’alveolo della carne, dell’anima. Quanto a notte, in compartimenti di petti addolorati, ve ne fu in tulipani d’abbondanza. Aveva istruito, con la sola potenza della parola, coloro che erano i suoi malfattori e, ritenendoli amici, li volle perfetti nell’amore, come un servo non è più del suo padrone. Accompagnato verso il monte della dipartita definitiva della carne mesto s’avviò, con la sola forza dello spirito, nella sua meta predestinata dapprincipio, quando dei tanti malfattori lui ne era primula e fiamma. Quale mirifica trasmutazione, quali metamorfosi compì per mezzo delle sue nuove gabbie, delle sue amate catene che di lì a poco lo avrebbero portato, finalmente, da Gerusalemme a Roma per abbracciar la Croce.

(28/05/2020)