È in questa cerulea nebbia, caricata sui rami dei miei giorni, che odo l’infanzia interpellare l’ombra. Sorridere dunque, questa è la mia struggente passione, ecco la mia severa condanna. Non lo schiaffo che scuote l’anca e smuove la lingua smorta tra mandibole ora insonni, adesso interrotte, bensì la nebbia. E questo mi è concesso per l’oggi, affinché io non veda troppo, ed il frastuono della notte, sicché io non oda cantare la solennità della croce che porto tra queste mani acerbe, passeggiando con la bella parola nella genesi di un petto pervaso dalla genealogia ultimata dalla voce di mio padre.
(25/03/2023)