In fondo non trovava nulla in lui, nessun male commesso che potesse giustificare la sua morte. E quale morte, se non la più infame per gli stessi romani, ovvero quella avvenuta per mezzo della crocifissione. Gli aveva in più di una circostanza domandato esplicitamente il motivo per il quale si trovava lì, consegnato tra briganti, ladri e assassini, ma egli non replicò nulla. Lo aveva pure mandato da Erode poiché, come condannato, si trovava sotto la sua giurisdizione, ma questi, rallegrato nel vederlo, gli pose alcune domande alle quali non vi fu nessuna risposta. Allora, dopo averlo schernito, gli fece indossare una splendida veste prima di rimandarlo indietro, dallo stesso Pilato. Ma questi continuava a non trovare in lui nessun male commesso. Inoltre, nella sua impaurita mente rimbombavano le parole della sua consorte la quale aveva fatto un sogno alquanto funesto su quel Gesù di Nazareth e gli aveva quasi intimato di non procurargli del male. Dunque era sempre più spronato a rimetterlo in libertà, non prima di averlo fatto flagellare, ma il popolo sobillava sempre più chiedendo in cambio di lui la liberazione di un certo Barabba. Ebbe paura del popolo a quel punto. Crocifiggilo. Una parola ripetuta e scandita come un chiodo battuto senza sosta col martello del pensiero collettivo. Consegnò allora Gesù alla volontà omicida del popolo, dopo essersi lavato le mani di quel sangue innocente che sarebbe stato di lì a poco versato.