Pausa, fuoriuscita dalla velocità
di un assente convissuto di noia,
e null’altro.
Potremmo ingoiarne la sintesi
nell’ipogeo dinamico, elusivo,
dell’assoluto suo frangersi
a sferrata decurtazione dell’attimo.
Di substrati empirici superiori
posseduti dalla genealogia del tempo,
ghettizzata nell’anemico alveo
delle azioni più distorsive
affratellate alla dinamica golpista
ed euristica del pensiero,
emerge come seduttrice incrollabile
delle ghiandole morfinizzate
nella profusione dell’immigrato dramma.
Forse, ad evacuata clorofilla minerale,
potremmo coesisterle in un deflusso sapiente
retto dall’inflessione teoretica-fenomenologica
dotata di fluviali sperequazioni linguistiche.
E se la sua superfice magmatica
mutasse il ruolo percettivo, goniometrico,
di una reale, catalettica sostanza?