Per uno e per cinque anelli

“Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.”

(Rm 1, 24-25)


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Nel terzo mese, il quinto giorno del mese, del ventiquattresimo anno della duemillesima età, alla prima ora di una storia già scritta, la parola del Re, il cui nome è Dio, è scesa su di me, al quarantanovesimo anno, in questi termini:

Lì dove i vostri padri
non sono giunti
vi siete accomodati voi.
Non a caso vi distinguete
per i vostri calici di veleno
alzati a destra e a sinistra
tra i dipartimenti della nebbia
e le acciaierie tormentate
dai fenomeni dell’artifizio.
Negare l’esistenza,
conformarsi a quell’idea deviata
nella quale
sfocia il fiume delirante,
inquinato,
di sovrana onnipotenza
mentre si fanno proclami
a sfondo universale pro-morte,
fomentando crisi umanitarie
nei corpi sacri di coloro
che sono fondamento e tempio
di un amore, e quale amore,
appartenente all’unico
in grado di scrivere
e riscrivere le leggi
tra le costituzioni del creato,
ovverosia Cristo,
l’Autore della vita.
Avete colmato quella misura
che, per adesso, spetta a voi,
spartiacque di un destino
che vorreste alimentato
dai fusi colori dei cinque anelli.
E come una réclame
che getta fango sul fuoco,
che ghettizza la vita
a favore di un innovativo diritto
che conduce ad ammazzare,
e con quale libertà,
il frutto del grembo umano,
abusate col diritto privato
imbastardendo, di sana pianta,
il concetto di legalità.
Per meschine adesioni di massa,
oggi,
vi siete macchiati di un reato
che ha pochi precedenti
dimenticando le chiavi
dei vostri giardini abbondanti
tra i campi dei cadaveri,
e quali cadaveri.

Ma ecco. Dio Padre, il solo Onnipotente, il cui nome è Terribile tra le nazioni, così parla a coloro che, pur intendendo, ostruiscono l’altrui ascolto e infieriscono sul popolo che non a loro appartiene e, ancora, il suo furioso sdegno versa su coloro i quali con perversa discriminazione hanno dimenticato la propria origine, soffio che va’ e che più non ritorna:

Areranno gli eventi,
a loro compiuta maturazione,
sui vostri capi, sui vostri dorsi,
nelle vostre coscienze.
In quel tempo si darà da bere
il vostro calice avariato
all’idolo che avete eretto
qual vostro protettore
e questo pur non essendo,
pur non potendo,
pur non volendo,
riderà di voi
e della vostra superbia feroce.
Sulla generazione che vi appartiene
accadrà la meritata sorte
in forma e sostanza
di castigo divino.
Quando tutte queste cose
si saranno compiute
la mia destra,
oracolo del Signore degli eserciti,
starà ancora parlando
sugli stupiti archi dell’arroganza
e la mia voce
vi squarcerà l’anima
come una spada a doppio taglio
penetrando fino ai punti
di giuntura e di effusione dello spirito.
È così che mi conoscerete.

(05/03/2024)