Poesia alla guerra
“Persino gli sciacalli porgono le mammelle
e allattano i loro cuccioli,
ma la figlia del mio popolo è divenuta crudele
come gli struzzi nel deserto.”
(Lam 4, 3)
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In chi vien meno il timore per la bella parola è tempo, per questi, di porre il capo tre respiri oltre la spina e di porre il cuore sul battito divenuto feroce della terra, prima che nasca veloce la rosa. Le inferriate nulla possono celare nel volto di chi più non ha occhi. Tuttavia l’uomo ha veduto, ha ascoltato e ha vissuto. Poesia.
Lì dove i bimbi abortiscono i propri sogni
e piangono nel dolore il dolore d’esser vivi,
chiedendosi cosa mai vuol dire la bella parola vivere,
mentre viene meno la voce delle mamme
mutilate dalle favole, dalle favole e dai loro inventori…
Poesia.
Chilometri di bei cuori uniti organizzati un po’ più in là, esseri umani realizzano i loro sogni quotidiani coltivati proprio in quei campi così scarlatti e distanti, predicando amore e masticando l’altrui croce. È tempo di far cessare il bel rumore, cominciano intanto a dire i più grandi. Ipocriti. Beoni e mangioni delle belle favole che circumnavigano ogni mare, che viaggiano terra-aria, hanno cominciato a mietere genocidi dai campi santi delle inermi creature per porre il capo tre respiri oltre la rosa che nasce, prima che diventi spina la luce e si abbagli, per la loro insana follia, il feroce battito della terra. Poesia, dunque. Poesia alla guerra.
In chi vien meno il timore per la bella parola è tempo,
per questi,
di adottare uno sciacallo ed un pellicano
per imparare a sognare i sogni abortiti da milioni di bimbi
e per imparar dalle bestie come d’amore morire.
(25/10/2024)