(Lc 1, 1-4)
Poiché la vita è subentrata nelle creature come tempo e spazio e siccome la luce rifulse tra gli uomini senza imporvi un esasperato dominio si sono succeduti avvenimenti e persone per l’andare naturale del tempo, nel sibilo del vento trascorso verso le già maturande stagioni. Fiori di meraviglia al mattino, mossi dall’arsura dei biondi campi deliziati dai nunzi celesti e dissetati dall’infanzia della rugiada, e digià erba avvizzita, dal sole del giorno dall’ora eclatante bruciata, perché i convenevoli dell’umanità non si turbino nell’inutile furore del meccanico insuperbirsi dell’esistenza, quando la coscienza che ci rese liberi tramontando va con la ragione che annotta. Ci è stato dato amore. Sì. Nel bacio del nettare entro il quale siamo coinvolti da compassione filiale e paterna abbiamo la facoltà di subentrare al vento, al sole e alle stagioni, per concepire ciò che da nostra prima e ultima speranza diverrà nostra indelebile certezza. Carissimi, noi siamo testimoni di quell’amore che ci rende partecipi del mistero elevato che completo fulge nell’opera dell’umana salvezza. Si succederanno tempi e spazi e trasfigurati e di luce trascesi subentreremo nel creato delle creature per dare ai nostri corpi un’anima dalla voce baciata dall’aurora, guidati da un solo spirito verso le sommità dei monti che spruzzeranno quel latte inconosciuto e fecondo affinché noi stessi siamo stillati come purissima rugiada nel libro terreno di una tutta nuova creazione ed essere, così, un solo cantico d’amore dell’autore della vita, conclusivo proemio dell’epifanica transustanziazione celeste.
(13/06/2023)