Quando albore s’insinuò ai tuoi piedi

Quando albore s’insinuò ai tuoi piedi

la fragilità dell’uomo non t’era velata, come la materia nei suoi limiti non fungeva per te né un ostacolo né una via di fuga.

Frangesti, col viso terso da lacrime, quel silenzio che di lì a poco avrebbe sgretolato il dubbio legittimo divenendo padre di quello stupore che, irrigidendo ogni pensiero, del tempo stava per immolarsi come tua grazia immota.

Lo spirito mosse ogni tuo respiro a suo compiacimento, ogni tua azione. I tuoi pensieri, da sempre puri come l’anima che li generava, conobbero la facoltà di accedere al profondo mistero del dolore nel quale, per tua sublima volontà, cuore e ancora anima lasciasti trafiggere dalla lama dell’ubbidienza, della più alta passione.

Sai, vorrei che in quel silenzio franto dalle tue lacrime fossi anch’io lì, figlio del tuo stupore, luce per illuminare quello spazio e quel tempo nel quale la tua vergine fecondità ha reso questo mondo meno schiavo del dolore del male e più libero di gioire dell’amore.

Quando albore s’insinuò ai tuoi piedi

la mia fragilità non t’era velata quanto più ero io la materia, la stessa che oggi non smette di plasmarsi alla tua maternità da prima che in te l’immoto fosse.

E baciando l’aria che di bellezza tutta ti circonda respiro in te, come uno spirito che muove la sua sempre nuova natalità nella tua Immacolata Concezione, o Madre.

(07/10/2021)