“E tu, Betlemme di Èfrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall’antichità, dai giorni più remoti. Perciò Dio li metterà in potere altrui fino a quando partorirà colei che deve partorire; e il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele. Egli si leverà e pascerà con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore, suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra.” (Mi 5, 1-3)
Non smuoverò le labbra, in quegli istanti dalla mia bocca non fuoriuscirà nessuna parola. Sarò come una donna, preda delle doglie di un parto prematuro, alla quale qualsiasi sostegno sarà negato. La luce si fletterà nei miei occhi, si udrà un pianto improvviso nelle valli arse per l’attesa della rivivificazione della speranza, per l’avverarsi della promessa. Il battesimo di ogni compimento avrà un luogo e una destinazione. Sarà in quel tempo che s’innalzerà, nel silenzio di chi avrà vegliato e di chi avrà perseverato, dalla mia stessa stirpe, un germoglio simile a figlio d’uomo. Non alzerà la voce, non inclinerà i passi altrui, non necessiterà di spezzare alcuna fronda. Nel nome suo si apriranno le rocce che provvederanno a sfamare e a dissetare le genti, dopo sofferenze e riposo. Udranno i cieli, vedranno i mari, parleranno i fiori, cammineranno le rondini e saranno purificate le vipere e i serpenti. Alcun calcagno si alzerà su di essi, nessun piede calpesterà la terra. Il lupo ninnerà il neonato che sorriderà come un agnello appena svezzato dal leone; si udrà il canto felice delle donne in ogni foresta. E tu, isola mia, tra le più disprezzate dagli uomini, sarai per me fuoco di parola per le tue nuove labbra dove si piegheranno le ginocchia di ogni popolo e nazione, poiché la terra sarà lo sgabello del mio immenso amore mentre la verità, baciandosi con la giustizia, saprà del mio volto. Esalterò la vita per il giorno della mia grande vendetta.
(10/11/2021)