«Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si sedettero dunque ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li distribuì a quelli che si erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, finché ne vollero.» (Gv 6, 8-11)
Ebbe a piangere un atto di generosità quando si accorse che dal suo mistero di carità e di amore si manifestò l’espressa volontà che inconsapevole già gli apparteneva. Quale gaudio in quello strumento di grazia che diede alla condivisione della vita il miracolo dell’esistenza, della salvezza, e quale fragilità si elevò all’altare dell’umiltà di fronte all’universale storia. È vero. Sfamammo noi tutti con tutti noi attraverso l’infinità che aleggiava sulle acque dell’ascolto, del perdono. Fummo noi quel ragazzo, furono nostre le mani che affondarono nel cesto, e fummo sempre noi lo stupore che negli adulti occhi divenne bambino, innocente, così intimamente nostro. Fu così che piangemmo un atto d’espansa generosità per la gioia.
(25/07/2021)