Come parlarne,
in quali stratificazioni abbondanti dell’essere
poter e dover dialogare, in amore, dell’amore,
se è proprio questo, lo stesso amore,
a parlare in noi, di noi, con noi?
Quanto indugiare,
e quanto è immutato il celeste dei tuoi sguardi,
anima.
Permani.
La presenza tua, che adesso mi accoglie come sua pupilla
in un’orbita di luminosissime manifestazioni di perpetuità,
è un congiungersi di tempi meravigliosamente espansi
e di esondati spazi.
E su questi prosperi silenzi
dilaganti cerulee certezze,
seminati sotto il moto costante di labbra mai sazie
di essere dimora e ospiti di prospettici presagi,
alterniamo alla corporeità della escatologica promessa
l’essenza pura e nuda dell’ineffabile visione,
per innovarci alla vita
come suo principio d’origine.
Fine definitivo della verità
che se stessa coinvolge
nella nostra compiuta, ineguagliata unione,
di là di qualsivoglia afferrabile pretesa umana
e oltre ogni realtà ultima
ingravidata dalla sorgente sempre pura,
e tra i corsi d’acqua immensi della mia, della tua parola.
(21/03/2025)