Una notte mi sono messo ad indagare
sulle conseguenze del bene, del male,
quindi su ciò che abita non solo la terra,
tuttavia nemmeno solo nei cieli,
riconoscendo quel mio lavoro come vanità.
Se credere di essere nella via del vero
conduce ad una tale considerazione,
per la vita che m’è stata donata
ho riflettuto sin da subito sul significato di vanità
ed è accaduto che dall’alto una voce m’ha sollevato.
Al mio rientro animico e spirituale
la mia bocca ardeva senza una brace adeguata
e attraverso la frescura della mia lingua
un cuore volto solo alla sua destra
si è intronizzato nel bulbo della mia visione
adornandomi dell’aloe del bello
e lasciandomi estemporaneo riflesso
sull’interpretazione della mirra e del male.
Così le mie orecchie hanno udito
che l’idolatria è, per gli uomini,
il peggiore dei mali.
Poi è accaduta una cosa straordinaria
nella realtà dei miei nervi ottici.
Catapultando quasi fuori dalle orbite
le mie due pupille, queste hanno sorriso
bevendo al seno del bene più grande,
ciò che mai deriva. E che in verità è.