“Gesù è flagellato dai soldati.”
Dal Vangelo secondo Matteo (27,26):
Pilato rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Mio Signore, Dio di infinita misericordia, ecco giunta l’ora in cui l’uomo si riduce a uomo. Il tuo sangue innocente sta per essere versato su di una terra immonda. Quale salvifica linfa la attende, quale nettare divino, di lì a poco, suturerà la sua ferita più profonda, liberandola dal germe antico e autentico del peccato. Il principe del mondo, di questo mondo, sa che stai per adempiere ogni giustizia e ancora va tentando te, il Consigliere mirabile, poiché sa che di lì a poco attirerai tutti a te. Quanto creato, quanto, è stato leso dal morso della Larva. Ma l’uomo è decaduto dal suo primordiale stato proprio per corrompersi e perdendo la sua purezza cede al disgustoso evento cui è destinato, imputridendo nei suoi atti più indegni. Eppure con lo sguardo, Tu, Principe della pace, sembri seguire i tuoi aguzzini, mentre stanno per infierire su di te con ignominia e con violenza immane, omicida, per confortarli, per rialzarli dal loro indecoroso stato cui versano. La tua bocca conosce solo parole di amore e di perdono, promesse di gioia proferite con l’Eterna voce dell’Eternità: non temere vermiciattolo di Giacobbe, larva d’Israele; io vengo in tuo aiuto, tuo redentore è il Santo d’Israele. La folla inferocita, poco prima, sobillata dalle sue guide, le più infedeli, non è più un popolo agli occhi tuoi. Sono figli, sono tutti figli tuoi. Liberando l’empio e condannando il Giusto ancora non sanno che sono anche loro i realizzatori della Scrittura. Io ti vedo. Oltraggiato fin dentro l’anima, a cuore spalancato, con la bocca intrisa del tuo beato sangue, e mai scisso nella tua Identità Regale, sotto i colpi annientanti dei più feroci flagelli, adesso ti ascolto nel tuo nuovo Effatà. Me indegno. Mi chiedo donde provenga la volontà della tua Misericordia, dimenticandomi che il primo ad essere sanato sono, forse, proprio io, il più bisognoso dei peccatori e l’ultimo che potrebbe annunciare al mondo intero la tua Resurrezione. E, soprattutto, dimenticandomi che tu sei Misericordia prim’ancora d’essere volontà. Dio mio. Il tuo corpo è irriconoscibile. Trafitto com’è per ogni colpo inferto, sei divenuto tutto una lividura e chi ti vede può già contare, una dopo l’altra, tutte le tue ossa. Eppure noi, di questa infame tortura, di questo tetro spettacolo, di questa perversa condanna, ce ne laviamo ancora le mani. Ecco la steppa. Ecco il deserto dove anche oggi abbiamo bisogno del serpente innalzato, di quel Cristo Gesù che non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Affinché nel nostro cuore, in figura dell’intera umanità redenta, possa fiorire il Mandorlo, proprio come avvenne sulla verga di Aronne. Potremo così gioire perché l’inverno è passato e la Vita, la Vita ha vinto sulla morte. Uomini, come siamo ridotti a uomini. Noi che siamo i riscattati da Dio con la sua morte in croce, noi che siamo sua eredità. No. Non dobbiamo permettere che questa eredità venga devastata. Piuttosto dovremmo impegnarci affinché sia preservata, perché tale eredità siamo noi. E noi siamo di Dio. O Padre, ricordando la flagellazione cui sei stato sottoposto prima della crocifissione, nell’umanità del tuo Unigenito Figlio, ci sono delle parole, le tue, che vogliamo fare nostre, come se fossero state messe da te nella nostra bocca, attraverso il tuo santo bacio, per opera del tuo Spirito: Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato. Gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi: tutte le greggi e gli armenti e anche le bestie della campagna, gli uccelli del cielo e i pesci del mare, ogni essere che percorre le vie dei mari. O Signore, Signore nostro, quanto è mirabile il tuo nome su tutta la terra! Maria, Madre Addolorata, questa orridissima flagellazione avviene da sempre, ad ogni istante, e Dio, che è Amore, continua a subirla nell’umanità dei suoi figli a causa degli uomini. Corredentrice del genere umano, il tuo silenzio è inviolabile. È il silenzio di Dio. Quindi un silenzio che si è fatto perfino carne per noi. Madre nostra, quale grembo più Immacolato poteva accogliere il Verbo di Dio, quale dimora più santa? Ci vogliamo mettere ai tuoi piedi, Madre, lì dove il diavolo è schiacciato, è vinto, è battuto. E prostrati lì, dove è sconfitto il male, pregarti d’amarci, nonostante tutto, e con te ancora pregare, O Augusta Regina delle Vittorie, o Sovrana del Cielo e della Terra, al cui nome si rallegrano i cieli e tremano gli abissi, o Regina gloriosa del Rosario.
(Ave, Maria, gràtia plena, Dòminus tecum…)
(21/11/2024)