Lungo i deserti dai larghi anni
non abbiamo atteso invano, no,
anche quando il fiore umano dell’innocenza
sembrava consumarsi, svanire,
come un tempo che si vuota della sua giovinezza
e ogni promessa sembra disattesa, persa.
Una rosa,
una rosa ha parlato alle più stanche mani
e le sue spine sono divenute il nostro improvviso gaudio,
l’esistenza si è mutata in indomita esultanza
e il canto ha conosciuto nel suo vergine sapore
la corona fertile dalle dodici stelle.
E abbiamo contemplato il tuo giardino
lungo i sentieri dalle primavere più ampie e
da quei burroni rialzati e riempiti dalla dignità,
sopra i colli svergognati dall’eco dell’umiliazione,
ecco la gioia, imbevuta di gioia,
attraversata dal nettare della soave abbondanza.
Luce, si, luce per inverdire i nostri passi,
acqua per irrigare le nostre mani ancora fiacche
e felicemente punte da tanto amore,
lo stesso amore che ha consolidato pace e letizia
nell’abbraccio di un solo attimo
sulle vette della tua visione gloriosa, Gerusalemme.
(04/02/2022)