Sull’inviolato seno che mi vuole madre
“Ecco ciò che il Signore fa sentire
all’estremità della terra:
«Dite alla figlia di Sion:
Ecco, arriva il tuo salvatore;
ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Li chiameranno Popolo santo,
Redenti del Signore.
E tu sarai chiamata Ricercata,
Città non abbandonata».” (Is 62, 11-12)
Stretti al seno, col buio diradante dal vostro consueto fare linguaggio, vi ho scelto tra tutte le genti affinché, dimorando nel mio identico amore, possiate trasmettere ai prossimi, agli esclusi dal diritto di ogni condizione d’essere, anzitutto, una luminosa esperienza omogenea di convissuta beatitudine, nei brevissimi divenire delle concezioni avverate attraverso le già note, ormai, folgorazioni del sistema istante, per innalzare il vessillo aurorale, così tanto atteso dai popoli, del mio ultimo e sequenziale accadimento, unigenito figlio e al tempo padre di quell’inconosciuto respiro che ombra sperde nell’estremo atto di uno spirito che l’umanità trattiene, in replicati moti di tenerezza e di passione, nella contemporaneità ulteriore del mio evento reso luogo per nascitura nascita. Oh, quanto ho desiderato questo fiato che improvviso si riempie di parola, verbo che si riconosce nella mia stessa carne, pelle che torna indifesa in questo freddo e in questo gelo che m’accolgono nudo, nella mai anonima povertà di un invitato secolo tutto da cicatrizzare, affinché le mie arse lacrime abbiano vita nello stesso loro nome e voce, voce per accudire l’intimo stupore di ogni creatura arresa sull’inviolato seno che mi vuole madre.
(25/12/2021)