È quando avverto di non saper amare, perdonare, pregare, che m’accorgo ancor più della tua presenza in me. Quasi fosse un dono che tutto m’avviva, una carezza nel buio di un’anima che teme sì, talvolta, e non osa.
È quando avverto di non saper credere e sperare, quando tutto ciò mi appare terribilmente difficile da accettare, che m’accorgo di non essere solo in tanta infinità.
Perché tu sei l’amore, sei il perdono, sei la preghiera, sei il mio credo, la mia speranza, ed è così che ti piace. Essere dentro me, tenendo il mio cuore stretto tra le tue mani, mentre nemmeno più cammino io, immoto e abbandonato, come solo un figlio può fare, o Padre.
(01/10/2021)