A noi la vergogna in viso per asfissiarlo e a te, Dio Padre, l’onore e la gloria. Sì. Perché siamo stati incoerenti nella fede, vacui nella misericordia, mancanti nella carità. Una schiera di nemici è insorta contro di noi: siamo stati sommersi dalla moltitudine dei nostri stessi peccati. È vero. Il nostro male più grande lo generiamo nel declino di ogni pensiero sfiorito con l’ausilio della concupiscenza dalla quale proviene ogni genere di male, dalla perversione all’idolatria fino alla corruzione del cuore che produce avidità, superbia e omicidio. La nostra lingua, sì piagata dalle ulcere della menzogna e del mormorio più infame, dovrebbe prestarsi ad un atto di vera sottomissione alla tua parola. I nostri occhi, sì dilaniati dalla peste della fornicazione e dell’adulterio più immondo, dovrebbero lagrimare sangue ed acqua penetrati dalla lancia viva del tuo infinito amore. Tu non ci colpisci per le colpe dei nostri padri ma ci percuoti giacché noi senza sosta le esaltiamo facendone scuola, memoria. Abbiamo attirato su di noi l’ira tua mettendoti alla prova, come un tempo avvenne per le traviate generazioni, fino a tentarti nella tua stessa bontà, tu l’unico Santo e giusto. Noi, Padre Altissimo, non siamo degni di rivolgerti nemmeno il più luminoso dei nostri pensieri perché non sappiamo più elevare la nostra mente alla tua parola. Siamo meritevoli, oggi come ieri, soltanto di ricevere il castigo. Magari fosse una paterna correzione. Magari tu ancora lo volessi. Ecco. Il tuo popolo, quello che tu hai santificato un tempo facendolo uscire dalla terra di schiavitù per farlo entrare in un’altra dove scorrevano latte e miele, non riesce a coprirsi il capo di cenere e a prostrarsi nella polvere. Cieco nei tuoi segni più che agli eventi e sordo al tuo richiamo, preso soprattutto da un’empietà che lo costringe a schiavizzare se medesimo e a devastare le tue meravigliose opere, apre le sue labbra più per bestemmiare e maledire che per proclamare con la bocca la tua lode. Eppure io non dimentico la tua misericordia, io non dimentico che sei un Padre che si commuove per i propri piccoli, io non dimentico che sei lento all’ira e grande nell’amore. Invoco la tua comprensione, in questo tempo di scellerati abomini, poiché in ogni colpa nella quale ci siamo immersi abbiamo operato semplicemente da ignoranti verso il bene. Non sappiamo quello che commettiamo. Invoco il tuo cuore, piangendoci sopra con le stesse spine che hanno trafitto il capo del tuo dilettissimo Figlio e nostro Signore, affinché tu abbia ancora una volta compassione di noi e voglia pentirti del male che ci siamo attirati contro con le nostre perfide azioni. A noi la vergogna in viso per rianimarlo e a te, Dio Padre, l’onore e la gloria. Sul Golgota del XXI secolo siamo stremati per le tante croci e abbattuti per l’immenso dolore: poni nel cuore di chi è stato scelto a governare la tua terra e nella mente dei potenti di questo mondo che la opprimono un tralcio di vita benedetto e trabocchi da esso nuova la nostra fede. Si ravvivi, allora, la nostra speranza, si accenda e si rinnovi la nostra carità così da apparire, ai tuoi adorabilissimi occhi, bisognosi del tuo aiuto affinché non ci siano più lacrime ad affrancarsi sui tanti legni spezzati di questa generazione ma una sola carezza materna, la più immacolata, ad aiutarci a chiederti perdono. Non farci piangere ancora sulle nostre tante Gerusalemme. Facci rinascere in spirito e verità e saremo noi la nuova tua creatura adoranti te, Padre Altissimo, amore della nostra nuova condizione di comunione con il mistero Trinitario. Trasfiguraci d’eterno.
(03/03/2023)