Terrore, fosse e laccio ti sovrastano,
o abitante della terra.
Chi fugge al grido di terrore cadrà nella fossa,
chi risale dalla fossa
sarà preso nel laccio.
Le cateratte dall’alto si aprono
e si scuotono le fondamenta della terra.
(Is 24, 18)
Tu, che nei tuoi occhi
hai alimentato un covo di vipere,
un incestuoso nido di corvi,
dì nel processo del nuovo giorno
della consapevole lotta,
del respiro sottratto ai lattanti,
della fossa preparata allo storpio.
Di come, poi, rubando alla vedova
hai trebbiato il suo cuore
violentando i suoi orfani,
lacerato al cieco il giubileo del suo volto
nel vilipendio di un muto sorriso
amputando l’inquietudine del sordo.
Non razza, né genìa,
non prole né posterità:
nessun ripudio potrà cancellare
il dolore che hai causato al mio popolo.
Come domani
già da oggi sei stata giudicata,
vergogna delle genti e di ogni nazione,
non un documento né una sentenza per te.
Allontanandoti dal mondo,
nella depravazione che ti ha rigenerato
ti sconcerterai vile, tra i nidi e i covi
che dei tuoi occhi hanno vendemmiato larve,
per risvegliarti al gelo, nella caverna del non riposo,
come il sogno di una carogna dimenticata dal mio pascolo.
(06/12/2021)