In qualsivoglia unisono perduto nelle promiscuità dei decibel, trapelata dai filatteri appena schiusi al seno della parola, tu mi cresci un’infanzia. E insito io, per la rarefazione di un respiro abbacinato alla sua ombra d’aria, nel dicastero delle dimensioni provenienti dalla potabilità della vertigine del mio suono indenne declasso le furibonde forze cognitive, sensoriali, di una identità frammentata e arcana immolata in duplici generazioni e ancora tutta da trascorrere, da invadere.
(06/007/2022)