Un giorno pieno di giorno, fitto di tenebre senza tramonto, questo è per me il futuro che sto per invertire tra tempo e spazio, tra passato e presente, dice Dio, mio Signore. Ed io scendo nel suo ascolto e mansueto giaccio nella sua parola finché la sua luce diventi mio passo e il suo volere il mio verbo. E il giorno si è fatto tenebra e il suo futuro si fa spazio in me, che lo accolgo per la generazione che mi attende.
In questi termini ora mi parla il Signore, mio Dio:
apri la mano tua sinistra
e iscrivici sul palmo
il nome della persona
che hai più a cuore.
Poi apri la mano tua destra
e sul palmo iscrivici il tuo nome.
Volgi lo sguardo tuo alla attesa
e le tue mani
siano rivolte verso il cielo,
adesso, e nei tuoi pensieri
non vi sia altro spazio
che per la città salda,
Gerusalemme.
Chiudi nel mio cuore il tuo cuore
tra le tue mani appena stimmatizzate.
Infine apri la tua mano destra
è incidi il mio nome a sangue,
così come in quella sinistra
inciderai il nome della città salda.
Volgi lo sguardo tuo
verso la persona che hai più a cuore
e le tue mani
siano rivolte ai tuoi occhi:
dimmi, cosa vedi figlio dell’uomo?
Ecco,
io vedo sanguinare gli occhi
di chi ho più a cuore
a causa del mio dolore,
adesso che io sono oriente.
Le mani mie sono unite
nello stesso nome ora,
ed è il nome di due popoli.
I miei occhi
sono due grandi piazze
di numerosi paesi
che combattono tra loro
con la folle libertà
di cadaveri pensieri.
Poi alzo le mie mani
verso il cielo,
sanguinante anch’esso,
e mi chiedo
da dove mi proverrà l’aiuto
per gli occhi di chi ho più a cuore
che sanguinano dolore per me,
adesso che io sono occidente,
il suo dolore.
Ed un silenzio abissale,
improvviso,
cura le mie mani emorragiche
con il suo solo spazio,
nel suo tempo parallelo.
E piangere in te senza più sangue,
come queste lacrime mai versate,
Gerusalemme, Gerusalemme,
mentre il mio cuore è chiuso nel tuo,
Padre, oggi che hai fatto di me
due pesi e due misure,
un monito e una condanna,
con la voce mia nascosta nella tua.
Insonorizzata.
(28/09/2023)