Nel giorno decimosettimo del quinto mese della duemila ventitreesima età la parola del mio Re, il cui nome è Dio, il Signore degli Eserciti, è dimorata in me nel ricalcolo dei miei anni e per la potenza incontestabile del suo Santo Spirito. Ascoltatemi nazioni e popoli. Uditemi isole, le più lontane. Mio è il cielo e mia è la terra: come credi, o uomo? Come credi che il tuo respiro non provenga dal mio volere e che la tua presenza non sia frutto della prosecuzione di ogni mia impercepibile alleanza con i tuoi padri così anche io faccio del credo di molti popoli un solo respiro e una sola presenza dispersa tra il grido vomitevole di tante nazioni. Sì. E siccome ti sei elevato con orgoglio e superbia perfino sopra la gloria del mio sacrificio quotidiano deturpandolo, offendendomi e abolendolo con crudeltà e incutendo terrore in molte regioni della terra io ti mostrerò così, nel breve e raccapricciante tempo, quale valore possiede il potere nel quale accresci la tua fame e la tua sete di danaro e di vendetta. Per mezzo tuo molti popoli conosceranno il mio nome, per mezzo tuo molte nazioni vedranno le mie opere! E quando ti volterai nel grido disperato degli ultimi che io renderò primi il tempo, raccapricciante e breve, ti vomiterà i loro occhi nei tuoi. Guarderai allora il cielo con diversa percezione e mirerai le mie milizie, a miriadi, servirmi incessantemente nella prosecuzione del secolo. Come è vero che io sono, ecco: io ti rendo sordo alle mie parole, al mio richiamo, affinché sia la tua stirpe stessa a consegnarti ad un processo per giorni di buio su questo mondo violentato e sul quale il mio respiro viene e viene senza mai andare. Un poco, ancora un poco e le nazioni conosceranno il mio nome così come i popoli tutti mi loderanno vedendo le mie opere. Un poco, ancora un poco scuotendo il cielo e poi la terra. Come credi, o uomo?
(17/05/2023)