Nel quinto mese, il primo giorno del mese, del ventiquattresimo anno della duemillesima età, la parola del Signore è scesa su di me in questi termini:
Chi mai avrebbe immaginato,
strumenti del consueto abbaglio
geopolitico e tattico,
che con il vostro
intimistico confidare
sarebbero andati perduti
aspri colli e acerbi isolotti
e che interi confini
di acque prive di sponde,
di baie,
avrebbero conosciuto,
per il calpestio
di una generazione infame
votata al disordine delle masse,
il disonore
e finanche il malaffare?
Accordo su disaccordo,
accordo su disaccordo:
è un martello
che non termina più di lavorare
la natura delle cose,
delle anime,
secondo umana giustizia
sui fili spinati dell’orrore
e a soprasseduta pace.
Una desolazione
che lumi non concede
neanche ai più meritevoli orizzonti.
Ebbene così dice l’Altissimo, il Signore Dio, in questo giorno in cui la sua rosa di maggio coltiva e il mondo muore.
Una condizione ben calibrata
di estrema confusione
è stata soffiata nei vostri crani,
tale da farvi prendere
le decisioni più aberranti,
le più errate.
Uno contro l’altro,
l’altro contro uno:
è così che va compiendosi la storia,
una storia sgualcita
come uno straccio immondo,
offesa e violentata
come una creatura muta,
cieca,
sorda.
Quando il vostro vanto
si sciuperà
come va sciupandosi
il prodotto della terra,
io agiterò ancor di più
questa follia degenera
che già da tempo
ha eletto domicilio in voi
e i popoli tutti
comprenderanno i dialetti
estremi della natura,
nei suoi eventi più catastrofici.
Sguarnirò i monti più alti
delle loro canizie,
nei giorni che manderò
di tetraggine e di caligine,
e dai giardini cadranno colori
e concerti d’aria,
mentre i granai non daranno più
il loro frumento migliore
e i vitigni tutti
perderanno le loro pregiate vendemmie.
Sì.
Questo avverrà perché le nazioni
mi hanno voltato testa e spalle,
dice il Signore,
dimenticando che io solo elevo
e sempre io solo abbasso.
Ecco.
Tra le mie mani spirano spine
come fossero venti
e una rosa,
una rosa rattiene in seno suo
il principio di tutte le cose.
E vita piena succhia a piena vita
l’identità della mia prima
e ultima origine,
a oltrepassati cuori.
(01/05/2024)