«E poiché hanno seminato vento, raccoglieranno tempesta» (Os 8, 7)
Andremo per le scoscese valli a rimproverare i colli e per i sentieri della grande montagna ci coglierà il torpore della carne negli approvvigionamenti vacui del disamore e della menzogna. Malediremo il giorno in cui fummo dati al mondo per opera del piacere, figlio del sonno. Uno dopo l’altro saremo inviati in tutte le case del paese, ivi incluse le isole. Entrando in ognuna di esse ci uniremo al peccato, figlio dello smarrimento del popolo. Ognuno di noi avrà come frutto amaro del proprio seme il primogenito della desolazione e questo avrà il nome più orribile da udire, da pronunciare, da crescere. Oh valli, perché non avete urlato senza sosta e senza rispetto alcuno verso tutti quei colli montati in superbia ed elevati nel macero dell’aria? E tu, sentiero, perché ci hai deviato con sdegno e ira dal percorso che porta sulla grande montagna lasciandoci preda della carne nell’inettitudine nostra e dei nostri padri? E saremo dispersi nel pianto acerbo dei nostri cuori che desidereranno l’esilio dal respiro e dalla voce, la stessa che per volontà inaudita concepirà per altri la devastazione di ciò che credevamo gioia e immortalità e che altro non erano che miseria e vanagloria, idolatria e dolore. Chi odierà il figlio e chi il grembo che lo ha concepito. Urla e gemi, urla e gemi tu che hai dimenticato donde provieni e quale grazia ti fu donata, quale sposa, quale nome. E poiché non hai avuto riguardo nemmeno per il ricordo della tua trascorsa prole, quella che ti ha concesso di regnare sulle generazioni non affidateti, sarai governato violentemente da ciò che considero mio non popolo, mia non amata, mia non nazione.
(08/02/2022)