«Dice il Signore:
“Dov’è il documento di ripudio
di vostra madre, con cui l’ho scacciata?
Oppure a quale dei miei creditori io vi ho venduti?
Ecco, per le vostre iniquità siete stati venduti,
per le vostre scelleratezze è stata scacciata vostra madre.»
(Is 50, 1)
Come una ripudiata mi nascondo tra le dimore di coloro che io stessa concepii. Il braccio che contro di me si è alzato non ammette riposo, non conosce più pace. Sarò falciata come l’erba che al mattino cresce e che, imputridita per la carestia degli elementi, a sera perfino allo sguardo della terra risulta inutile. Ho anch’io sperato. Sì, nella mia perversione anch’io ho tanto sperato. Ma colui che m’aveva innalzato, intingendo nel suo amore il mio nome, ha concluso un patto con il frutto dei miei anni. Non sarò più il suo giardino prezioso, né la sua prima compagna, l’amata. La mia maledizione si chiama prole mia, e la mia condanna porta i sigilli dell’incesto e della idolatria. Gli ho mostrato il mio volto ma egli si è nascosto e nemmeno la sua voce, nel mio pentito seno, ha fatto più ritorno. Porto nei miei occhi la disperazione della vergogna e vago spoglia, tra le tenebre senza cielo, come un oceano prosciugato, e nel mio sfiorito silenzio non odo più gli angeli.
(09/02/2021)