Il seminatore uscì a seminare il suo seme (Lc 8, 5)
Questo amore che non fa altro che uscire dal suo stesso ventre per andare a seminarsi sulla strada, tra rovi e pietre attraverso la sua volontà esterna ed assoluta che esula ogni umana logica. E noi vediamo senza vedere, ascoltiamo senza ascoltare, per non comprendere, per non sorprendere. Il tempo della prova e della seduzione ci appartiene, non possiamo scacciarlo né reprimerlo affinché, saggiati nell’anima, siamo messi nelle condizioni di operare una scelta grazie a quella scintilla di vita proveniente dalla lampada che arde per ognuno di noi e alla quale tutti dovremmo sapere, voler badare. Quella luce, quel fuoco, quel calore. Ecco. Rendiamo al padrone della messe l’ottimo raccolto come fossimo semi del suo amore caduti su quel terreno che qui definiremmo buono e che simboleggia la vittoria dell’uomo sul mondo, sui pensieri, sulla ricchezza, sulle persecuzioni. Vestiamo, dunque, quel calice colmo di grazia, frutto dell’immensa passione di questo amore fattosi come un contadino pur di manifestarsi a noi paterno con tutta la sua potenza esclamata in un gesto d’infinita umiltà. E allora, questo amore che racchiude in questo calice, nel suo ventre, il suo mistero più grande null’altro chiede che il nostro nome, frutto del nostro frutto, destinato al cielo in sua perseveranza.
(14/09/2021)