Verso i pascoli ubertosi della vita
Non c’è inizio per tutto ciò che non abbia prima conosciuto la sua fine. Eppure, come una sorgente di acqua viva, la mia parola sgorga da sempre in un movimento costante, perpetuo, profondo e visibile, dalla roccia viva del mio volere, fonte assoluta dell’essere e di ogni vivente, dice Dio, mio Signore. Essa è il perfetto compimento del Trinitario mistero, la missione redentrice della sua redenzione missionaria, l’eternità che si ravvicina all’uomo. Né sangue né carne possono rivelarne il senso poiché essa è spirito e vita e ad essa si accosta e si unisce tutto ciò che nasce puro. Dunque il cielo, rinascere dall’alto, poiché la condizione necessaria per partorirla così com’è, nuda e immarcescibile, è fissata tra le stelle, iscritta dapprincipio. Io sto per fare della mia parola, dice il Signore Dio, uno strumento di generazione ingenerata: attraverso di essa creo e distruggo, elevo e abbasso, tenendo fede alla mia fede quale alleato unico di ogni mia alleanza. Ecco. Verranno giorni e notti, e sere e mattine, in cui non si confiderà più nell’uomo bensì piuttosto nelle bestie poiché da esse scaturirà un improvviso afflato generoso preceduto da uno sconvolgimento della terra, dei suoi principali elementi, dacché si rovescerà ogni scienza fin qui sorta su questo mondo. Dice Dio, il Signore dei Signori: Io testifico che in quel tempo, che per tempi paralleli non è altro che l’attuale, la mia parola sarà visibile in carne e sangue, da spirito e vita, ed essa, davanti a tutte le nazioni, procreerà la distruzione totale delle stesse. Manderò la guerra perché hanno voluto e vogliono la guerra, la malattia perché con essa si sono arricchite e la fame, una fame a due volti: una con il volto della carestia ed un’altra con il volto sfigurato dall’assenza della mia parola, della fonte d’acqua viva, quell’acqua che da sempre ho lasciato zampillare dalle sorgenti del mio amore tra deserti, monti e colline. I miei figli li raccoglierò come uova schiuse, così come l’aquila protegge il suo nido. Dopo aver unito il mandorlo con il loto, quando i venti avranno portato a compimento la fine dell’inizio per i quali sono stati inviati, radunerò il mio gregge, tutto, verso i pascoli ubertosi della vita. La mia vigna, dice Dio, l’Altissimo, produrrà il mosto avvelenato per tutte quelle nazioni traviate, le stesse che già stanno bevendo, tra questo e quel tempo, al calice della mia ira.
“Alza la tua voce con forza,
tu che annunci liete notizie a Gerusalemme.
Alza la voce, non temere;
annuncia alle città di Giuda: “Ecco il vostro Dio!
Ecco, il Signore Dio viene con potenza,
il suo braccio esercita il dominio.
Ecco, egli ha con sé il premio
e la sua ricompensa lo precede.
Come un pastore egli fa pascolare il gregge
e con il suo braccio lo raduna;
porta gli agnellini sul petto
e conduce dolcemente le pecore madri”.
Una voce dice: “Grida”,
e io rispondo: “Che cosa dovrò gridare?”.
Ogni uomo è come l’erba
e tutta la sua grazia è come un fiore del campo.
Secca l’erba, il fiore appassisce
quando soffia su di essi il vento del Signore.
Veramente il popolo è come l’erba.
Secca l’erba, appassisce il fiore,
ma la parola del nostro Dio dura per sempre.” (Is 40, 9-11; 6-8)
(15/05/2023)