Di capitale fondamento per l’occhio da soma reso ibrido dalla sua ode al regresso restano la pena e l’anomalo, in sezioni impari degradabili, dissipati in internate congetture da elaboranti sevizie del sano principio, coabitate dalla fuga stoica del rito acquitrinoso e sanguinolento dal raccapriccio in dissolvenza. È la pozza vergine del morso siccitoso e dal sapore impervio, protratta sulle immote rive delle rinnovate introduzioni parentali e che si sfa in cubiti di latte piovano tra i freschi decibel deviati da eco in eco dalle procreate impostazioni nocive di allocati frammenti di ripristini etero spaziali, che salverà la bellezza per intera, forte compagna di una visione mistagogica della stoltizia e della giustezza e battistero ultimo per la riesumazione di quel solido collirio che solleverà vittoriosa la voce mai doma del cuore divallato verso le impetuose congiunzioni ricognitive dell’essere.
(08/05/2023)