Verso le reliquie sconsacrate di ogni umano santuario



Odo lamenti e pianti d’un paese che non è più.
E non v’è tregua per l’incommensurabile dolore, non tende a sfiorire il male che sempre più opprime il popolo che attende, con malata speranza, una pausa per piangere in modo degno i suoi morti. Già, i morti che da molti vengono chiamati i fortunati perché hanno cessato di sopravvivere alla tortura immensa di vedere i ventri delle loro mogli violati e i loro figli trafitti senz’alcun riguardo e con mancata pietà. Suscitando l’uomo tu, o Dio, hai forse voluto ricordarci della nostra empietà, del nostro impero diamantino e così effimero che come arida stoppia brucia e brucia senza più nessuna sosta, al pari di una Roma che non trovò riparo neppure nel suo nome. Babilonia, o Babilonia la grande, dov’è mai il tuo riso insuperbito, la calunnia pronta per essere vomitata verso i giusti, i timorati nel Signore, quel Signore che tutto scruta e del tuo vanto se ne adira e se ne adira, e sulla prostituzione che devasta i tuoi sentieri getta giornate di veleno e notti di caligine fosca e ancora fango?
Un segno.

Ecco.

Un segno dice il Signore,

una luce che splenderà di mezzo ai popoli,

generazione idolatra e perversa,

bellicosa e traviata.

Il figlio che ha dimenticato di essere padre,

per il dolore acuto d’esser uomo,

sarà chiamato a rinascere a nuova vita

nel grembo beato del cielo

e non da quello di una donna.

Eppure questa avrà doglie,

doglie fitte

che la faranno prorompere in urla e gemiti

per giorni di giorni,

a sette a sette,

come fosse un lento martirio,

una piena agonia

per la quale i suoi avi

emanciperanno amore in un solstizio di pace.

A poco a poco

sarò io le sue acque rotte,

dice il Signore,

ed eleggerò la sua innocenza

a dimora del mio imminente giudizio

che fratturerà tutta la terra

e umilierà ogni mare

per le reliquie sconsacrate

di ogni umano santuario.

(04/05/2022)